Pato: “Ho l’Italia e il Milan nel cuore. Tutti pensano che in Cina sia facile, invece…”

Alexandre Pato, attaccante brasiliano ex Milan attualmente in Cina al Tianjin Quanjian, ha rilasciato una lunga intervista sulle pagine de La Gazzetta dello Sport"È stato Cannavaro a convincermi con il suo progetto. Il club mi aveva cercato prima che lui diventasse allenatore ma non mi sentivo pronto per un cambiamento così radicale. Essere allenato da un simbolo del calcio come lui è uno stimolo enorme. Fabio poteva portare qui tanti giocatori, ha scelto me e questo mi riempie d’orgoglio. Non riuscivo a segnare? Tutti pensano che in Cina sia facile, invece devi imparare tante cose. Però al contrario dell’Europa qui ti danno libertà e tempo. Ho fatto 7 gol in 14 partite, una doppietta e una rete nel derby. Ora siamo sesti e ai quarti di Coppa di Cina. Il nostro obiettivo? Prima di tutto restare in Super League. Il sogno sarebbe la Champions d’Asia: si qualificano le prime tre, siamo a 6 punti dal terzo posto. Il livello del calcio cinese? Non è come in Europa e in Sudamerica, ma si sta alzando grazie ai tanti allenatori italiani: Capello, Lippi, Cannavaro, preparati e attenti alla tattica. Ogni squadra può avere un massimo di 5 stranieri, ma ne possono giocare solo 3. La rissa di Oscar e la squalifica di 8 giornate? Se ne è parlato tantissimo. Ho visto le immagini in tv e l’ho chiamato, mi ha detto che è successo di più di quello che si vede. Mi spiace perché lui è un bravo ragazzo. Cosa si dice in Cina dei nuovi proprietari del Milan? Non so chi siano di preciso, ma posso dire che qui c’è una grande passione per il calcio. Lo studiano e hanno denaro da investire. Sono già una grande potenza a livello economico e vogliono diventarlo anche nel pallone. Ho giocato nel Milan di Berlusconi, con cui ho avuto un rapporto molto stretto, se il Milan è così amato nel mondo è grazie a lui. Però il club aveva bisogno di un investimento importante. Sono contento che siano entrati e che stiano già facendo acquisti. Qui si parla molto del Milan: vorrei che tornasse quello di 5-6 anni fa. Se lascerei ancora il Milan? Berlusconi per due volte ha cercato di trattenermi. La prima nel gennaio 2012: non andare al Psg non fu una mia scelta. Barbara (Berlusconi, ndr) mi disse che suo padre voleva parlarmi, il presidente mi chiamò mentre facevo colazione e mi disse: 'Tu non andrai via, sei il nostro simbolo'. Ho rispettato la sua volontà. Il ritorno in Brasile? Continuavo ad avere problemi fisici. Per Berlusconi ero sempre incedibile, ma andai da lui e lo convinsi. Gli dissi che era per il mio bene. Dovevo ritrovare fiducia nel mio corpo. Qualcuno, anche nel Milan, mi disse che non sarei più riuscito a giocare, ma io sapevo che non era così. Per questo sono andato via. Dovevo cambiare modo di allenarmi e i tempi di recupero. Al Corinthians in 20 giorni mi hanno modificato la preparazione e ho ricominciato a stare bene. Il caso Donnarumma? Ha solo 18 anni ma un grande talento ed è seguito da un procuratore molto intelligente. Di certo avrà le sue ragioni: sta facendo ciò che sente. Andando al Real potrebbe bruciarsi? Io a 17 anni ho avuto l’opportunità di andare al Real ma ho scelto il Milan, che in quel momento era la squadra più seguita e più titolata. Ora è diverso, è un altro Milan. Ancelotti mi diceva che i bravi devono stare con i bravi. Chi è forte va in campo indipendentemente dall’età: io a 17 anni giocavo con Seedorf, Pirlo, Maldini, Kakà e tanti altri. Ancelotti? Per me è stato un mentore. Cannavaro è simile come impostazione, un fratello maggiore, mi aiuta a conoscere i segreti dei difensori, essendo stato lui un grandissimo nel ruolo. Ora mi sta facendo fare la prima punta, mi piace molto. Il mio rapporto con Allegri? Il nostro era solo un rapporto giocatore-allenatore, zero contatti fuori dal campo. Però i più vincenti, anche in Europa, sono quelli che creano empatia con i loro uomini: Ancelotti ne è la dimostrazione. La Juve non è ancora al top in Europa? No. La Juventus è cresciuta tanto dentro e fuori dal campo. Hanno il loro stadio e una proprietà, la famiglia Agnelli, molto presente. Allegri ha proseguito il lavoro di Conte, non ho visto tanta distanza col Real. L’anno prossimo possono vincere la Champions. Un ritorno in Italia? Sono innamorato dell’Italia: oggi sto bene qui in Cina e sono felice di contribuire a questo progetto di sviluppo del calcio, in futuro chissà. Inter? Perché no? Sono un professionista. Cosa faccio nel tempo libero? Studio per migliorare il mio inglese, viaggio e gioco a tennis. Federer mi ha regalato la sua racchetta, ma a forza di usarla non si vede più l’autografo. Sono disperato". Foto: Tianjin Quanjian Twitter