Pericolo scampato per Catanzaro e Avellino. Entrambi i club, infatti, erano chiamati a rispondere a titolo di responsabilità diretta e oggettiva in merito alla presunta combine del 5 maggio 2013: all’epoca le due squadre si affrontano al “Ceravolo” nella penultima giornata del campionato di terza serie, partita vinta per 1-0 dai lupi grazie ad un gol di Zigoni e che valse la promozione in B degli irpini. Successivamente furono deferiti per il presunto illecito sportivo, tentato ma non consumato, il presidente Walter Taccone ed il direttore sportivo Vincenzo De Vito per l’Avellino. Per il Catanzaro a giudizio con la stessa accusa l’ex patron Giuseppe Cosentino, l’ex ds Armando Ortoli e l’ex calciatore Andrea Russotto. Nei giorni scorsi, tuttavia, la Procura Federale aveva richiesto la retrocessione all’ultimo posto e una penalizzazione di 3 punti da scontare durante la prossima stagione sportiva. Ma questa mattina, infine, il Tribunale Federale Nazionale ha disposto il proscioglimento per le due società e per tutti i deferiti. A seguire il comunicato della Figc:
Federazione Italiana Giuoco Calcio – Tribunale Federale Nazionale – Sez. Disciplinare – SS 2017-2018
Alla luce degli atti prodotti in giudizio, quindi, non può ritenersi, al di là di ogni ragionevole dubbio che vi sia la certezza del raggiungimento di un accordo finalizzato ad alterare il risultato della partita Catanzaro-Avellino in assenza di alcun riscontro – in atti – in ordine ad un contatto diretto con i vertici istituzionali dell’Avellino coinvolti nell’indagine prima e dopo la partita stessa (tranne l’incontro mai negato al bar dello stadio nell’imminenza della gara), di un effettivo coinvolgimento di tutti i calciatori nella vicenda in questione, di alcun contatto successivo fra i due Presidenti (il Cosentino pare – per espressa affermazione delle parti non riscontrata, tuttavia, agli atti, in assenza del necessario supporto probatorio – sia stato intercettato sia telefonicamente che ambientalmente per un discreto lasso di tempo), nonostante, appunto, il Cosentino avesse vantato rapporti di amicizia con “i Presidenti” dell’Avellino (anche quest’affermazione appare contraddittoria giacché dagli atti non emerge quali siano i due Presidenti nella Società avellinese). Né la Procura ha prodotto alcun filmato della partita idoneo a supportare le affermazioni circa i presunti volontari errori del Russotto. Orbene, in assenza di ulteriori e piú pregnanti riscontri fattuali, si ritiene che tali elementi non possano essere ritenuti sufficienti a far ritenere sussistente, allo stato degli atti, la condotta ascritta agli odierni deferiti, pur prendendo atto della obiettiva difficoltà di ricostruire dettagliatamente fatti che risalgono ad una stagione sportiva ormai risalente nel tempo e sulla quale non sembra, da quanto esposto nel deferimento, che la Procura della Repubblica di Palmi abbia svolto accertamenti mirati nell’immediatezza dei fatti. D’altronde dagli atti non si comprende quale sia stato il metro di valutazione della Procura Federale per addivenire al deferimento in questione, giacché, a mero titolo esemplificativo, dall’atto di deferimento emerge che fra le intercettazioni che – è bene ribadirlo – non sono state depositate in atti, ve ne sarebbe una nella quale il Presidente afferma che “i ragazzi sapevano”; tuttavia a fronte di alcuni interrogatori, la Procura Federale ha ritenuto di non deferire alcuno degli altri giocatori del Catanzaro all’infuori del Russotto, anch’egli incidentalmente citato in una intercettazione. In assenza, inoltre, del necessario supporto probatorio, anche le affermazioni contenute in ordine al presunto pagamento in nero effettuato dal Presidente del Catanzaro per rescindere consensualmente il contratto con il Cozza sul quale tutte le parti in udienza, nulla hanno aggiunto o eccepito, non può, allo stato dell’assenza di atti introitati nel processo e per gli analoghi motivi già esposti in relazione all’ipotesi di illecito sportivo, trovare accoglimento.