Quando Cuadrado ha messo in mezzo quel pallone, sapeva già come sarebbe andata a finire. Motori spenti, il radar della difesa del Milan non è riuscito a localizzarlo. Salvo poi materializzarsi di nuovo, a pochi metri da Neto. L'intelligenza del grande attaccante si è manifestata con tutta la sua forza. Mai controllare quel pallone, si sarebbe perso un tempo di gioco. Serve un tocco di prima, che sorprenda l'ultimo baluardo tra lui e la storia. E Alvaro Morata, la storia, l'ha centrata in pieno. Era in campo da appena 120 secondi, subentrato a uno spento Hernanes. Lo ha detto chiaramente Allegri nel post-partita: "Le opzioni erano due, portare la gara ai rigori o provare a spaccarla. Ho provato a spaccarla ed è andata bene". Già, grandi meriti al tecnico toscano di aver inserito un elemento offensivo fresco al posto di un potenziale rigorista più che affidabile. A 10 minuti dalla lotteria del dischetto, quando ormai tutti pensavano solo a chi affidare lo scomodo compito. Nulla di più intuitivo, nulla di più geniale. Il resto, lo ha fatto la tecnica e il killer instinct di un bomber vero. In quell'istante, reso eterno dal fischio finale, ogni discorso su recompra, ingaggio, trasferimento e strategie di mercato si è frantumato in mille pezzi. O quantomeno, rinviato a data da destinarsi. Una marcatura al sapore di storia: mai nessuno in Italia aveva centrato l'ormai celeberrimo doblete per due anni di fila, segno che la Juve di Allegri non smette mai di stupire. Una marcatura che, però, probabilmente non cambierà il corso di un destino amaro e beffardo per i colori bianconeri. Anzi: il Real Madrid ne è uscito ancor più ingolosito, così come Arsenal e Chelsea, impazienti nel voler mettere le mani sul centravanti madrileno. Che, volente o nolente, va inserito di diritto tra i calciatori che hanno fatto la storia del club più vincente del Belpaese.
"Ora non penso a nulla, solo all'Europeo", ha commentato a caldo Alvaro, stuzzicato dalle inevitabili domande sul suo futuro. Già, l'Europeo. Il primo in assoluto con la Roja "dei grandi", dopo quelli vinti con l'Under 21 e l'Under 17. Quasi sicuramente sarà lui il perno centrale della terza linea di Del Bosque, logica conseguenza di una maturazione calcistica da far invidia ai suoi coetanei. Perché forse qualcuno lo dimentica, ma siamo di fronte a uno che a ottobre compirà appena 24 anni. Tanta roba, non c'è che dire. L'intuizione di Marotta e Paratici nel dargli fiducia dopo un ultimo frustrante periodo con la maglia del Real è stata a dir poco lungimirante. Eppure la sua media-gol al Bernabeu era di tutto rispetto: 10 centri in 37 presenze, minutaggio notevolmente condizionato dal parterre di stelle di cui le Merengues da sempre possono disporre. 23 anni, dicevamo. E un palmares da capogiro: 1 Liga, 2 Coppe di Spagna, 1 Supercoppa spagnola, 1 Champions, 2 scudetti con la Juve, 2 Coppe Italia e 1 Supercoppa nazionale. L'estate 2014 quella dell'approdo a Torino, una svolta definitiva della propria carriera. 20 milioni di euro sborsati dalla Vecchia Signora, contratto quinquennale (rinnovato di recente fino al 2020) ma anche un diritto di riacquisto da parte del Real Madrid, esercitabile o al termine della stagione 2015/16 o al termine della successiva, per 30 milioni di euro. Impossibile aspettare ulteriormente, a Madrid se ne sono accorti eccome. Ora, però, non svegliatelo: per Alvaro è il momento della festa, prima di tuffarsi a tempo pieno in una competizione che per lui è, fatti alla mano, un habitat naturale. Per lui, che si è fatto bastare 120 secondi per entrare nella storia.
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