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ANTOINE GRIEZMANN, DALLA PROVINCIA FRANCESE ALLE SEMIFINALI DI CHAMPIONS

14.04.2016 | 09:30

Il Cholo Simeone ce l’ha fatta, ha compiuto l’ennesimo miracolo. L’Atletico Madrid ha chiuso il “cerchio nero” di Luis Enrique. E lo ha fatto nel modo più affascinante: estromettendo il Barcellona dalla Champions. Il momento più basso da quando il tecnico spagnolo è sulla panchina blaugrana: la cocente sconfitta nel Clasico, bissata dal 2-0 subito sullo stregato campo della Real Sociedad, seguita a ruota dall’eliminazione nel derby europeo. I 53 mila cuori pulsanti del Vicente Calderon hanno dato spettacolo e sono stati ripagati con la stessa moneta. Man of the match proprio un ex Real Sociedad, quell’Antoine Griezmann protagonista fin qui di una stagione da urlo. 20 gol in campionato, fondamentali per marcare i catalani a tre lunghezze di distacco, ora la gloria in Champions. Nel modo che proprio non ti aspetti. Eppure Simeone l’aveva preparata proprio così: squalificato Torres, sarà Griezmann ad agire da falso nueve. Un attacco di soli dribbling e rapidità? Macché. Il gol del vantaggio arriva di testa, a dispetto dei suoi 176 centimetri di altezza: cross di Saul e incornata vincente a battere ter Stegen. No, questa Piqué e Mascherano proprio non potevano aspettarsela. Basterebbe l’1-0 per centrare la semifinale, ma di fronte c’è quello che in molti hanno definito il tridente più forte della storia del calcio. Messi, Suarez e Neymar, per una volta completamente sovrastati dal “petit diable”, come lo chiamano in Francia. Capace persino di rubare la scena a un certo Karim Benzema, grande escluso per i prossimi Europei casalinghi. Due a zero su rigore allo scadere: la festa può cominciare.


E’ da Mâcon, piccolo Comune della Borgogna di appena 35 mila anime, che parte l’avventura del diavolo Antoine. In pratica è come se ieri al Calderon avesse radunato tutti i suoi concittadini, più qualche intruso dei paesini limitrofi. Ma la Francia, almeno sulla sua carriera da calciatore, non lascerà alcun segno, almeno a livello di club. Tanti i provini in squadre di una certa caratura del suo Paese, la risposta era sempre la stessa: sei troppo basso e troppo gracile. Nel 2005, all’età di 14 anni, ecco la svolta: durante un’amichevole tra il suo Montpellier e le giovanili del Psg qualcuno della Real Sociedad lo nota e gli concede un periodo di prova. Mai avrebbe immaginato che cinque anni più tardi, proprio con gli Erreala, avrebbe firmato il suo primo contratto da professionista. In cinque anni all’Anoeta fa il fenomeno: su quella fascia sinistra è imprendibile, i suoi tiri dalla distanza spesso e volentieri si spengono nel sette, sa agire (e a Madrid lo sanno bene) anche come punta centrale in un tridente tutto estro e velocità. Palla a terra, ha pochissimi rivali al mondo. Questi e tanti altri i motivi che spingono l’Atletico a pagare la clausola da 30 milioni nell’estate del 2014. Nessun timore reverenziale, il grande salto viene vissuto con una naturalezza disarmante. Qualche mese dopo, contro i cugini del Real, il suo primo trofeo: la Supercoppa spagnola. Ora in ballo c’è un doppio obiettivo enormemente più prestigioso. Combattere su tutti i fronti è sempre stato il fulcro del cholismo, pane quotidiano di un popolo ormai abituato a pensare in grande. Un diktat ben recepito dai suoi giocatori. Dove non può quasi nulla la tecnica, bisogna provarci con l’agonismo e con il cuore. Anche se, con gente come Griezmann in campo, il furetto partito dalla provincia francese e ormai simbolo di una Madrid assetata di successi, è quantomeno improbabile pensare che la giocata decisiva e di classe, da un momento all’altro, non possa arrivare.


Foto: Atletico on Twitter