Arrivano speranze di rivedere Eriksen in campo, ma solo se…
È il 12 giugno, la
Danimarca sta giocando contro la
Finlandia. Al minuto 43 del primo tempo il mondo del calcio si ferma: Christian
Eriksen si accascia a terra. Uno choc fortissimo che sconvolge tutti, tifosi e non, vedere il classe '92 steso al suolo. La prontezza di riflessi di
Kjaer nell'estrarre la lingua al compagno danese prima e la presenza di uno staff medico preparato, salvano la vita al centrocampista. Ad Eriksen è stato impiantato nella regione toracica laterale sinistra, poco sotto l’ascella sinistra, un defibrillatore sottocutaneo capace di tutelarlo in caso in cui dovesse essere nuovamente colpito da un'aritmia ventricolare come quella subita dal calciatore durante il match degli Europei. L'apparecchio, facilmente estraibile e poco invasivo, permette alle persone di svolgere attività agonistica. Per le leggi legate allo sport in Italia, il problema cardiaco riscontrato da Eriksen vieta di svolgere la professione di calciatore. Una speranza arriva da Riccardo
Cappato, creatore del defibrillatore impiantato al danese e Direttore del Centro di elettrofisiologia clinica e aritmologia del gruppo Multimedica di Milano: "
Di certo la crisi cardiogena è stata grave. Un blocco del cuore da fibrillazione conseguente ad aritmia grave, imprevista e improvvisa. Cause possibili? Molte. Una potrebbe essere preesistente mai individuata e stabile, tipo la cardiomiopatia congenita o la sindrome di Brugada, oppure una miocardite infiammatoria da causa grave (per lo più da virus, come quello del Covid, che non sembra riguardare il cuore ma che poi all’improvviso innesca l’aritmia), o un disturbo elettrolitico. La causa infiammatoria, se si riesce a diagnosticare, è per esempio una causa reversibile, che potrebbe consentire a Eriksen di arrivare a togliere il defibrillatore e quindi tornare a giocare a calcio in Italia". Foto: Twitter Inter