Boateng: “Nel 2010 nessuno era più forte di me. Ma in passato non sono stato un professionista”
Dopo aver trascorso il girone di ritorno al Barcellona, senza giocare quasi mai,
Kevin-Prince Boateng è tornato in Italia scegliendo la rivoluzionata
Fiorentina per un nuovo inizio. L'attaccante viola ha parlato a
Repubblica di Chiesa e della sfida alla Juve, ma anche su temi più profondi come la scelta della Nazionale, il razzismo e il rimpianto di non aver avuto la testa giusta in passato. Queste le sue parole: "
Juventus? Si può fare tutto in 90 minuti. Io con l’Eintracht Francoforte ho vinto una coppa contro il Bayern. Serve la giornata perfetta per la Fiorentina e una meno buona della Juve, che ha i fuoriclasse anche in panchina. Chiesa ha capito che rimane qua. È giovane, lo capisco: ci sono tante voci di grandi squadre e puoi risentirne, ma lui deve fare benissimo qui, è molto forte e vuole l’Europeo. Lo vedo tranquillo. Se non lo è, lo metto a posto io. Nazionale? Tanti mi dicevano che non avrei trovato spazio nella Germania. Ma non ho scelto il Ghana per quel motivo. So esattamente chi ero nel 2010: nessuno era più forte di me. Avevo una testa diversa, io dico quello che penso, non assecondo gli allenatori, cerco il confronto. In Germania vogliono più disciplina e meno qualità. Hanno vinto il Mondiale, non gli si può dire niente. Io sono andato in cerca delle mie origini. E ho guadagnato una cosa molto più importante: sapere chi sono, da dove vengo. Ma torno indietro e dico: non ho preso il calcio come un lavoro. Avevo talento, ma mi allenavo il giusto, un’ora in campo, ero l’ultimo ad arrivare e il primo ad andare via. Stavo fuori con gli amici. Avevo soldi, ero il re del quartiere. Non sono mai stato in palestra. Questo ti cambia la carriera, dopo. Ho comprato tre macchine in un giorno quando ero al Tottenham: Lamborghini, Hammer e Cadillac. Ai giovani dico: non puoi comprare la felicità. Io non giocavo, avevo problemi familiari, ero fuori rosa. Cercavo la felicità nelle cose materiali. Razzismo? Penso anche al bambino di tre anni preso a calci a Cosenza per il colore della sua pelle, è quello l’episodio che mi fa più male. I cori allo stadio vogliono ricordarci quando i nostri nonni erano schiavi. Ma chi fa quei cori, prima che razzista, è un ignorante. E l’ignoranza va abolita. A scuola, bisogna introdurre un’ora di integrazione: dobbiamo ripetere ai bambini che siamo tutti uguali. Loro sono il nostro futuro". Foto: twitter Fiorentina