“Dopo le ultime due operazioni tanto aggressive, sto facendo una gran fatica a recuperare il livello che io stesso esigo da me stesso per continuare qui. Il 30 giugno andrò in vacanza, perché ho davvero bisogno di riposare, poi deciderò il da farsi”. Con queste parole, pesanti come macigni, Carles Puyol annuncia l'addio al Barcellona, suo unico e grande amore. Il Capitano che è entrato nella cantera blaugrana ragazzino (appena 17enne) e ne è uscito campione nel calcio e nella vita, ora a quasi 36 anni, decide di dire basta. Gli ultimi infortuni sono stati tosti, lunghi da recuperare, e Puyol, esempio di professionalità e consapevolezza dei propri mezzi, si rende conto di aver difficoltà a tornare sui suoi, stratosferici, livelli.
D’altronde Carles è sempre stato un uomo molto esigente con se stesso, per migliorarsi continuamente, per restare sempre al top. Basta leggere cosa disse di lui Piquè, suo storico compagno di reparto (2010, The Times): “E’ una persona che, anche se stai vincendo 3-0 e mancano un paio di secondi alla fine della partita, griderà al massimo della sua voce, se pensa che la squadra stia perdendo la concentrazione”. Pep Guardiola di lui dice: “Ha lavorato duramente per tutto ciò che ha raggiunto”. Xavi, che è uno che lo conosce bene, lo raffigura così (2008, The Guardian): “Puyol è la nostra chiave, non solo perché è uno dei migliori difensori al mondo, ma anche per il suo carattere. Non si ferma mai, è un esempio di serietà, ma anche di ottimismo nelle situazioni più difficili”.
Bastano questi tre autorevoli pareri per capire che tipo di calciatore e di persona abbiamo di fronte: uno che vuole sempre migliorare, un leader, un Capitano vero che non lascia nulla al caso. Un lavoratore, che non si accontenta mai, anche dopo aver raggiunto le vette più alte. Perché la carriera di Puyol è fatta di vette, altissime, punti di eccellenza che i giovani alle prime armi possono solo sognare.
6 Campionati Spagnoli, 6 Supercoppe di Spagna, 2 Coppe del Re, 3 Champions League, 2 Supercoppe Europee, 2 Coppe del Mondo per Club, 1 Medaglia d’Argento alle Olimpiadi, 1 Campionato Europeo per Nazioni, 1 Mondiale per Nazioni, 6 volte nominato nella Squadra dell’Anno della Uefa.
Un palmares lucente, per un difensore destro o centrale, che fa dell’esplosività fisica e della capacità di reazione nel leggere le azioni e di anticipare gli avversari, le sue doti migliori. Nasce a La Pobla de Segur, piccolo comune di 3000 abitanti nella Catalogna il 13 aprile 1978. Inizia nel C.Pobla de Segur prima come portiere e poi come punta. Entra nella cantera del Barcellona nel 1995, come centrocampista difensivo, nel 1997 è terzino destro nel Barcellona B, e da lì, dopo 89 partite e 6 reti passa in prima squadra.
2 Ottobre 1999: questa è la data d’esordio nella Liga, Real Valladolid-Barcellona la partita. Van Gaal l’allenatore. 15 Novembre 2000 invece il debutto nella Spagna, contro l’Olanda, a convocarlo è Camacho.
Il resto, come si suol dire è storia. 392 presenze e 12 reti in blaugrana, 593 e 18 realizzazioni se si contano tutte le competizioni. 100 gettoni in Nazionale con 3 gol, a cui aggiungiamo le 6 apparizioni con la Nazionale della Catalogna.
E ora, o un campionato meno impegnativo, o il ritiro definitivo. Ma per lui le porte del Barça sono sempre aperte, come ha detto ieri il Presidente Bartolomeu: “E’ un esempio per tutti. Ci ha detto che lascerà i blaugrana, ma non ho dubbi sul fatto che tornerà in un’altra veste, ha ancora tanto da dare a questi colori”.