MASSIMO CARRERA, DALLA SCUOLA DI CONTE A IMPERATORE DI RUSSIA
09.05.2017 | 09:25
C’è una Juventus che vince in Italia, da sei anni (in attesa dell’aritmetica conquista dello scudetto della leggenda), e che spera quest’anno di tornare a farlo anche nell’Europa che conta. E poi ci sono pezzi di vecchia Juventus che vincono in giro per il mondo. No, non allargheremo troppo il compasso, ci riferiamo alla prima metà del corso attualmente in essere a Torino. Antonio Conte, dopo il successo sul Middlesbrough di ieri sera, è ad un passo dal trionfo con il suo Chelsea alla sua prima esperienza all’estero, nel torneo più patinato, la Premier League. Sempre alla prima avventura oltre confine, Massimo Carrera invece ha già festeggiato, conducendo lo Spartak Mosca alla vittoria di quel titolo che mancava da ben 16 anni, pur trattandosi del club con più tifosi, una sorta di “Juve di Russia”, a detta del 53enne ex storico collaboratore del condottiero salentino, che lo promosse al suo fianco, dal settore giovanile della Juventus (nel quale lavorava dal 2009), al suo ritorno in bianconero da allenatore. Lo Spartak aveva fatto il suo sabato pomeriggio, superando in casa il Tom Tomsk per 1-0, grazie ad un rigore del nazionale olandese Quincy Promes, indiscussa stella della squadra. A quel punto il CSKA seconda forza del campionato, era già fuori dai giochi, non potendo più recuperare i 10 punti di svantaggio a tre giornate dalla fine. Bisognava aspettare il risultato dello Zenit di Lucescu, terzo in classifica. E così Massimo l’indomani va in un locale, unitamente a moglie ed amici, e assiste alla inattesa sconfitta interna della formazione di San Pietroburgo contro il Terek Grozny. A fine partita l’apoteosi bagnata dalle lacrime, lui che ha sempre avuto la fama di duro, i primi festeggiamenti e la chiamata ai suoi ragazzi per darsi appuntamento in un altro locale e continuare a celebrare la vittoria di un campionato dominato in lungo e in largo: “Al triplice fischio sono scoppiato a piangere dall’emozione, è stato qualcosa di indescrivibile. Un pianto liberatorio dopo un anno pieno, tirato, di grande sofferenza, vissuto a mille all’ora”.
Se a Carrera la scorsa estate avessero predetto uno scenario del genere, non ci avrebbe mai creduto. Separatosi dopo l’Europeo con l’Italia da don Antonio, dopo 5 anni di proficua collaborazione (il Chelsea non ha preso in blocco il suo staff), Massimo il 13 luglio accetta l’offerta dello Spartak per fungere da vice a Dmitri Alenichev. In seguito alla clamorosa eliminazione ai preliminari di Europa League, per mano dei modesti ciprioti dell’Aek Larnaca, l’ex centrocampista della Roma però si dimette e al tecnico lombardo (nato a Sesto San Giovanni il 22 aprile del 1964) viene affidata la squadra ad interim, storia del 5 agosto 2016. Tredici giorni dopo la società moscovita trasforma la nomina in definitiva, mossa azzeccatissima a giudicare dai 63 punti conquistati in 27 gare, figli di 20 vittorie, 3 pareggi e sole 4 sconfitte. Il modulo? Frequente l’utilizzo del 4-2-3-1, dopo gli inizi con il classico 3-5-2 di matrice contiana: “Ho applicato quanto ho imparato da Antonio, che reputo il miglior allenatore del mondo. Siamo due persone di grinta e di carattere, questa è una cosa che hai dentro e non si può copiare. Per il resto ho fatto quello che lui mi ha insegnato, ma che ritenevo giusto e idoneo per il gruppo di ragazzi fantastici che ho trovato. Mi hanno seguito da subito, insieme abbiamo fatto qualcosa di straordinario. La chiave del successo all’estero degli allenatori italiani? Abbiamo una cultura diversa, a livello di tattica e organizzazione soprattutto. Magari altri tecnici hanno altre qualità, noi abbiamo questa di far capire ai calciatori quel che devono fare durante la partita, anche se io il russo ancora non l’ho imparato, difficile come lingua”.
Un vero e proprio bingo alla prima esperienza continuativa in panchina. Scriviamo continuativa perché c’era Carrera sulla panchina della Juve all’inizio della stagione 2012-13, con Conte e il vice Angelo Alessio squalificati per la controversa storia legata al calcioscommesse. Il bottino? Una Supercoppa italiana in bacheca (“Carrera ha già vinto più di Zeman”, ebbe a dire John Elkann), e 10 match da imbattuto in Serie A: 7 vittorie e 3 pareggi. Evidentemente qualcuno nei pressi della Piazza Rossa memorizzò a dovere, per poi srotolare il nastro dei ricordi a tempo debito. Da calciatore una carriera di livello, con oltre 770 gare ufficiali disputate e 20 gol all’attivo, spesa tra Pro Sesto, Russi (!), Alessandria, Pescara, Bari e Juventus (un quinquennio a testa), Atalanta (7 stagioni), Napoli, Treviso e Pro Vercelli, indossando la cui maglia Massimo si ritirò, alla veneranda età di 44 anni compiuti, al termine dell’annata 2007-08 in C2. Una sorta di Terminator. In bacheca 1 Champions League, 1 Coppa Uefa, 1 scudetto, 1 Coppa Italia e 1 Supercoppa italiana con la Signora, oltre alla Mitropa Cup vinta ai tempi del San Nicola. Da allenatore – come detto – dopo un quinquennio all’ombra di Antonio Conte, centro al primo colpo. Anche se la sua carriera da allenatore in prima è iniziata tardi rispetto agli standard, Massimo vuole recuperare in fretta il tempo perduto e l’anno prossimo si misurerà con il palcoscenico della Champions: “Saremo testa di serie, quindi nel girone non potremo beccare la Juve, per la quale tifo e si sa, e nemmeno il Chelsea. A livello affettivo è un sollievo”. Come dargli torto?
Foto: Twitter Spartak Mosca