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Casarin: “Non sono contrario al var, ma c’è un limite per non delegittimare l’arbitro”

08.09.2019 | 13:29

In questo inizio di stagione stiamo assistendo a una parziale metamorfosi del regolamento per quanto riguarda la var e l’arbitraggio in genere. A riguardo ha parlato l’ex direttore di gara Paolo Casarin al Corriere dello Sport: “Ho visto il rigore dato contro De Ligt. Lui è composto, con l’avversario alle spalle. Non c’è nessun tentativo consapevole di danneggiarlo con la mano. Secondo i crismi della tradizione, un classico gesto involontario. Ma con la volontarietà sta morendo anche la ragionevolezza. Se tu dici all’arbitro che il fallo di mano è sempre rigore, modifichi la relazione tra fallo e punizione. La punizione non può prescindere da un giudizio sulla condotta del calciatore. Se il fatto accidentale subisce la stessa sanzione di un fatto doloso, il calcio non è più ragionevole. In una parola il calcio non è più il calcio. L’arbitro sgravato da una responsabilità valutativa non è più arbitro di niente. Diventa puro attuatore passivo di un ordine. Smette di essere colui che, interpretando una regola che considera giusta, la trasmette al calciatore e la impone come simbolo della sportività. Così, senza volontarietà e senza ragionevolezza viene meno anche l’etica. La tecnologia è una cosa che ci fa migliorare. Ma tecnologia vuol dire stabilire se la palla supera la linea, se entra in porta, e ancora se il fuorigioco c’è oppure no. Per il resto è l’arbitro che deve decidere. In Udinese-Milan, alla prima giornata, un’immagine della tv ci racconta di una palla che carambola tra una spalla e un braccio aperto di Samir, un’altra invece mostra che il braccio e il pallone si muovono in due direzioni diverse. Per decidere se è rigore o no l’arbitro deve guardare gli occhi del difensore, perché il calcio è fatto anche di paura, sorpresa, felicità, rabbia. E sono tutte emozioni che parlano, e che fanno questo sport unico. Non sono affatto contrario al Var. Ma bisogna capire che c’è un limite oltre il quale l’arbitro viene delegittimato. Se si tratta di stabilire se il fuorigioco c’è oppure no, ben venga l’occhio elettronico. Ma quando sono a tre metri da uno che colpisce la palla con la mano devo decidere io, e devo decidere se c’è o no la volontarietà. Gli arbitri devono proteggere i calciatori da qualunque forma di discriminazione. Se uno cerca di rompere le gambe a un altro, l’arbitro interviene. E se un giocatore subisce un’offesa razziale, l’arbitro dà l’unica risposta possibile: ferma il gioco finché non torna il rispetto delle regole. Perché è il custode della sportività e deve avvertire che, offendendo un calciatore in un modo così vergognoso, vengono meno le condizioni etiche minime perché la gara prosegua“.

Foto: Squawka news