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Ciao Bruno: 13 giugno 1999. Un’eterna lezione di vita

28.09.2022 | 11:41

Bruno Bolchi è stato un grande allenatore, una persona fantastica, un amico raro e vero. Se n’è andato a 82 anni, ho ritrovato ora un messaggio del figlio Alessandro di ieri sera a tarda ora: ero in onda, non lo avevo letto. Bolchi, detto Maciste per via di quel fisico statuario, era il classico parente acquisito in un mondo – il calcio – dove spesso ti raccontano un sacco di balle, amico mio… Meglio: presunti amici che vengono da te per interesse e che se ne vanno quando hai smesso di parlare bene. Bolchi non aveva bisogno del giornalista che scrivesse bene, aveva costruito una carriera ricca di trofei: da calciatore fu capitano dell’Inter; da allenatore trionfi a Bari – con la doppia promozione – Lecce, Pistoia, Cesena. E poi quel giorno a Reggio Calabria quando lo chiamarono nella notte a sei giornate dalla fine del torneo di Serie B. Un tonfo a Verona in casa del Chievo, qualche scricchiolio nello spogliatoio, la decisione di esonerare Elio Gustinetti e di rivolgersi a lui, Maciste. Sei settimane da raccontare a tutti gli amici della Reggina, la storia che si materializza il 13 giugno 1999, con la memorabile promozione in Serie A a Torino dopo partite di autentica sofferenza a Pescara, Cosenza, in casa contro il Cesena. Bolchi era la parola perfetta al momento giusto, cementava un gruppo, lo modellava tatticamente: non gli interessava il calcio champagne, ma la concretezza del risultato. A Reggio era tornato per l’emergenza dopo una precedente esperienza molto positiva. I suoi consigli erano di platino, la prima figurina Panini ma lui in fondo era primo in tutto, ogni telefonata una spremuta di sincerità e signorilità. I suoi viaggi a Sharm El Sheikh dove aveva casa (“Ci sei stato? Devi tornarci, te lo consiglio”), le crociere in giro per il mondo con la moglie Paola (“Siamo appena tornati, ma ripartiamo presto”), l’affetto dei figli Alessandro e Andrea, quella rimpatriata a Montecatini, stima profonda che ti resta dentro come un distintivo. “Ci dobbiamo vedere”, l’ultima volta un paio di mesi fa. Ciao Bruno e grazie per le tue “perle”.