Il codice Monchi (al contrario) e quella libertà di pensiero
10.03.2019 | 00:15
Lo avevano celebrato come il codice Monchi, enfatizzandolo soltanto per stendere tappeti rossi. Ora che Monchi si è rivelato un flop con pochi precedenti, chi ha esaltato il codice o presunto tale lo ha chiuso nel cassetto e ovviamente non si degna di una critica, di una considerazione “libera”, un classico da anni e anni. Li chiamano i senzapallle, quelli che dicono sempre “bravo, avanti così” e che si prostituirebbero pur di… Invece con un po’ di onestà e libertà bisognerebbe ammettere che Monchi è stato uno dei più grandi flop nella storia recente della Roma (e anche in quella meno recente). E non ha avuto la sensibilità di consegnare le dimissioni un secondo prima dell’esonero, ormai certificato, di Di Francesco. Un secondo prima e non un secondo dopo, senza aspettare accordi su risoluzioni più o meno consensuali. Perché qui di consensuale ci sarebbe poco o nulla, basterebbe soltanto il coraggio di dire “sono colpevole, vado via”. La carriera di Monchi ripartirà altrove, magari all’Arsenal, ma il codice che ci avevano venduto per l’Italia era un tarocco. E con un po’ di onestà intellettuale sarebbe stato o sarebbe il caso di ammetterlo, come abbiamo fatto nelle ultime ore per l’ingiusto trattamento nei riguardi di Di Francesco. Invece, va tutto bene della serie “com’è bravo lei, il più bravo, ci spieghi il suo percorso…”. Testacoda, game over.
Foto: Twitter ufficiale Roma