Cucurella: “Rigore contro la Germania? Ho pensato ‘Basta è finita’. Capisco la polemica, avrei protestato anche io, ma è il calcio”

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Marc Cucurella ha rilasciato una lunga intervista per il quotidiano Marca. Di seguito un estratto: L'anno più bello della tua carriera sta per finire: "Fino ad ora sì. Credo che ci sia stato un po' di tutto. È stato anche un anno difficile perché ho avuto un infortunio, ma penso che quell'infortunio mi abbia cambiato un po' la vita, il modo di vedere tutto e di comprenderlo. Passi molto tempo da solo, lontano dai compagni, dedicandoti principalmente alla riabilitazione o alla rieducazione. E in quei momenti, quando sei solo, tutto ciò che fai è solo per te stesso. Così inizi a capire che, se lavori ogni giorno, il premio può arrivare. E in questo caso è stata l'Europeo, la chiamata di Luis de la Fuente". Sei uno dei giocatori più amati della Spagna, qual'è il segreto?: "Non lo so, davvero. Credo che sia vero che questo gruppo avesse molte versioni diverse, e forse è stato questo a far sì che la gente trovasse una somiglianza con noi. Abbiamo anche giocato bene, vinto ed è stato un grande successo. Era da tempo che la nazionale non riceveva così tanto supporto. La gente non era coinvolta. Ricordo di aver visto le partite, ma nessuno ne parlava e non aspettava la prossima. Quest'anno siamo riusciti a recuperare quel sentimento e a vincere, che era quello che tutti volevamo". Il capello ormai fa parte della tua personalità, lo hai sempre portato allo stesso modo?: "Sì, ce l'ho da quando ero piccolo. All'inizio, quando ero molto piccolo, mi confondevano con una bambina. Mi dicevano: "Guarda che belle le bambine", perché anche mio fratello, che ha tre anni meno di me, portava i capelli lunghi. Ma mi ci sono abituato e si è associato alla mia persona. Quando sei un bambino e la gente va a vedere una partita di calcio, è qualcosa di particolare, perché quasi tutti hanno gli stessi tagli di capelli, e così era più facile riconoscermi. Fa parte della mia personalità ed è per questo che è rimasto così". A inzio anno non sentivi la fiducia di Pochettino, poi sei diventato Campione d'Europa: "È stato un anno di alti e bassi. Credo che nelle prime sette partite di campionato non ho giocato nemmeno un minuto. Durante il mercato c’è stata qualche possibilità, ma abbiamo deciso di restare. Così sono andato a parlare con Pochettino e gli ho detto che ero pronto, che quando avrebbe avuto bisogno di me, sarei stato a disposizione. Poi ci fu una partita di Coppa in cui mancavano entrambi i terzini destri, e il mister mi chiamò e mi chiese: "Hai mai giocato come terzino destro?". Gli dissi che non molte volte, ma lui rispose che stava pensando di mettermi lì, e io accettai. Mi sentivo bene, avevo fiducia in me stesso. Dopo l’allenamento ho parlato con Claudia e i miei agenti e ho detto loro che il mister voleva farmi giocare come terzino destro. Non erano molto convinti, ma io li rassicurai dicendo che stavo bene. Abbiamo giocato contro il Brighton, abbiamo passato il turno, e da lì in poi ho giocato praticamente sempre, fino a quando mi sono infortunato. E niente, si ricomincia da capo". Pesa essere il terzino più caro della storia?: "Personalmente no, ma la gente te lo fa notare. Quando sono arrivato, erano i primi mesi dopo il cambio di proprietà. C'erano molti acquisti; Abramovich se n’era andato, dopo aver fatto la storia portando il club al top... Molti cambiamenti, nuovi giocatori, nuove idee, e la cosa più facile è prendersela con quelli che hanno comprato. Molti pensano che più soldi spendono per te, più bravo devi essere, o che devi essere una macchina e fare tutto alla perfezione, ma questo è qualcosa che riguarda i club, io non c’entro nulla. La squadra veniva da una vittoria in Champions, la gente non capiva cosa stesse succedendo, e molti se la prendevano con me". Prima del match contro la Croazia, quando hai saputo che saresti stato titolare?: "La verità è che non lo sapevo. Quando ero con Luis, per esempio durante le Olimpiadi, a volte giocava Miranda, altre volte giocavo io... Cambiavano un po'. Ma questa volta non ha dato molte indicazioni, cambiava sempre un po', e prima di salire sull’autobus per andare al campo è quando l’ho saputo". Quanto avete sofferto nella gara contro la Germania?: "Guardando le partite, quella era una finale anticipata. Se dovessero scegliere i due che giocavano meglio, eravamo noi due. Inoltre, ai quarti, in casa loro... È stata complicata. Credo che abbiamo giocato bene, ma intorno al 60° minuto hanno messo in campo quattro attaccanti e non smettevano di lanciare palloni in area. Non riuscivamo a uscire, abbiamo perso il possesso, loro tiravano e tiravano fino a quando non ci hanno segnato". Poi è arrivata la famosa mano, era rigore?: "Beh, mi colpisce chiaramente sulla mano, non si può dire di no. Però la mano è in una posizione molto normale, non posso nemmeno tagliarmela. È abbassata e lui (Musiala) mi tira un missile e mi colpisce tutta la mano. Capisco la polemica. Se fosse stato contro di noi, avrei protestato anche io e avrei detto che era rigore. Ma è il calcio". In quel momentohai avuto paura?: "In quel momento sì. Pensavo: basta, è finita. Inoltre, in casa loro, mi ha colpito tutta la mano... Però è anche vero che l'arbitro era molto vicino, lo guardai e diceva di no, che non era rigore. Proprio un mese prima ci avevano fatto una lezione su queste mani, dicendo che non erano rigore, e pensavo: vediamo se abbiamo fortuna... Già vedevo che non andavano al VAR, che non succedeva niente... Mi sono davvero salvato".     Foto: Instagram Cucurella