Il calcio è bello perché è imprevedibile. Perché qualsiasi record può essere battuto, perché riesce a regalare emozioni come nessun altro sport al mondo. Poi ci sono le partite da film, con sceneggiatura bella, pronta e servita su un piatto d’argento. Ad uso e consumo dei produttori. In pochi avrebbero scommesso sul passaggio del turno del Barcellona, non a caso quotato dai bookmakers mediamente fra 8 e 10. Già, perché mai nessuno aveva ribaltato un 4-0 in una doppia sfida della fase ad eliminazione diretta della Champions League. Il precedente primato apparteneva al Deportivo La Coruña di Irureta, che nel 2004 annichilì il Milan campione uscente (impostosi per 4-1 all’andata) con lo storico 4-0 del Riazor. Ma se c’era una squadra al mondo che poteva avere simile impresa nelle proprie corde, questa era proprio il Barça. Ossia la compagine che sin qui ha segnato maggiormente il nuovo millennio. Non ce ne voglia il Real Madrid, che dal 2000 a oggi ha vinto lo stesso numero di Coppe dalle grandi orecchie dei rivali di sempre (4), ma la qualità blaugrana ha garantito e garantisce tuttora uno spettacolo diverso.
Luis Enrique, conoscendo i suoi, invece ci credeva eccome. La profezia del tecnico ex Roma, che proprio una settimana prima aveva ufficializzato l’addio a fine stagione (dopo un altro 6-1, allo Sporting Gijon in Liga), è già passata alla storia: “Se loro hanno segnato 4 gol, noi possiamo fargliene 6”, così si era espresso Lucho in conferenza. Detto, fatto, con l’incredibile finale che ha visto i padroni di casa realizzare le 3 reti che servivano - dopo che Cavani aveva complicato loro la vita - in soli 7 minuti e 16 secondi. Grande protagonista della remuntada il patinatissimo Neymar, autore di 2 di questi 3 gol (entrambi da fermo, punizione e rigore, quest’ultimo come minimo generoso), ma anche del delizioso assist per la splendida volée qualificazione di Sergi Roberto che ha fatto venir giù il Camp Nou, letteralmente impazzito.
E noi proprio all’hombre del partido, calciatore ben dotato tecnicamente ma non certo uno dei fenomeni della rosa, dedichiamo il nostro consueto approfondimento quotidiano. Il destino ha voluto che fosse il jolly allevato nella cantera a mettere la firma più importante, all’ultimo assalto del 95’ con Ter Stegen in avanti da quasi un minuto, sulla pagina di epica calcistica più sensazionale della storia culé, parola di Piqué. I difensori del Psg salgono male sul tentativo di fuorigioco e lui, subentrato a Rafinha al 76’, pronto ad infilare il malcapitato Trapp con una morbida spaccata. “Dopo aver segnato non ho capito più niente. Quando sono entrato in campo sapevo che passare il turno era molto complicato, mancava un quarto d’ora abbondante ma ci servivano tre gol. Dopo Parigi sembravamo spacciati, ma questa squadra è costruita per centrare imprese di questo tipo. Di solito si dice che i tifosi rappresentano il 12° uomo in campo, ma questa sera noi ne avevamo 10 in più. Questo trionfo è per loro, adesso festeggiamo un po' per poi concentrarci sul Deportivo da affrontare in Liga". Queste le dichiarazioni rilasciate da Sergi Roberto nel frenetico dopo partita, tra un abbraccio e l’altro. In questa stagione non aveva mai segnato, strano a dirsi in una cooperativa del gol come quella blaugrana: ha aspettato la miglior occasione per gonfiare la rete. Una gioia che lo ripaga abbondantemente di qualche critica di troppo ricevuta nei mesi scorsi. L’aficiòn barcelonista ha il palato fine, si sa, e qualcuno aveva dimenticato troppo in fretta che quello di terzino destro non era certo il suo ruolo. Sergi è infatti un centrocampista, adattabile anche sull’esterno ma che Luis Enrique si era convinto ad arretrare dopo l’addio di Dani Alves ed i non positivi riscontri offerti da Aleix Vidal, peraltro infortunatosi gravemente proprio quando l’allenatore lo aveva ripescato dopo mesi di naftalina. Il ragazzo catalano, nato a Reus il 7 febbraio del 1992, e approdato a La Masia nel 2006 dopo aver iniziato a formarsi nel settore giovanile del Nastic de Tarragona (al di là dei primi passi mossi nell’ U.E. Santes Creus), mai potrà dimenticare la prodezza balistica dell’8 marzo, alla Sergio Ramos considerate tempistica e rilevanza. Un gesto atletico da raccontare in loop ai nipotini fra svariate decine di anni. Dopo 106 partite nel Barcellona B, condite da 7 gol e 2 assist, e 141 presenze in prima squadra, impreziosite da 6 reti e 15 assist, oggi Sergi Roberto Carnicer, ultimamente entrato nel giro della Roja dopo che la sua esperienza in Under 21 si era chiusa da anni, tocca il cielo con un dito. Se da 11 ore in Spagna si grida al milagro il merito è soprattutto suo. Con la consapevolezza di aver indirizzato Messi e gli altri suoi compagni sul binario giusto in vista di un finale di stagione che, numeri alla mano, potrebbe anche regalare un nuovo Triplete, sarebbe il terzo dopo quelli del 2009 e del 2015. L’exploit di ieri sera, infatti, ha chiarito per l’ennesima volta un concetto: l’avversario più temibile del Barcellona, probabilmente, è il Barcellona stesso.
Foto: Twitter 100xCiento Fútbol