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Dalle notti all’addiaccio ai 90′ contro il Milan: Coulibaly, migrante e fenomeno

03.04.2017 | 09:25

Coulibaly Udinese

“All’inizio era molto dura, non era facile trovare da mangiare, spesso mi arrangiavo con un panino, che magari dividevo tra pranzo e cena. Qualche volta però trovavo chi mi dava direttamente 2 o 5 euro e allora era più facile. Volevo diventare un calciatore perché vedevo tanti ragazzi giocare, mi rendevo conto che avevo delle qualità, io ho sempre creduto nei miei sogni. E l’unica cosa era scappare”. Dal barcone alla vita di strada, parole che prendono lo stomaco. Storie che quotidianamente possiamo ascoltare ad ogni latitudine del nostro Paese, tra mille discussioni e interpretazioni (anche di dubbio gusto), data la rilevanza dell’emergenza migranti. Una costante, non più un’emergenza, dal momento che la situazione non accenna a rientrare, con allegate e crescenti polemiche a livello europeo. Non è certo questa la sede per addentrarci nell’analisi di dinamiche ben più importanti di un pallone che rotola, abbiamo aperto il consueto approfondimento quotidiano con questo virgolettato sol perché va attribuito a un calciatore militante nel nostro massimo campionato. Un mese fa Mamadou Coulibaly aveva giocato per la prima volta a calcio in presenza di un arbitro vero: sì, avete capito bene. Ieri ha disputato la sua prima partita da titolare in Serie A, dopo il debutto assoluto regalatogli da Zdenek Zeman lo scorso 19 marzo, in occasione della sconfitta di Bergamo. A quei 20 minuti ne sono seguiti 90, tutti in una volta e con ammonizione, contro la squadra del cuore “tifo Milan da quando ero piccolo, una passione che mi ha trasmesso il mio papà. Questo è un sogno che si realizza”. Quel Milan che ieri, all’Adriatico contro una squadra indomita, malgrado abbia già un piede in B, non è riuscito ad andare oltre il pareggio, risultato deleterio per la rincorsa europea della truppa rossonera.

Solitamente in questa rubrica snoccioliamo anche numeri e statistiche varie, stavolta dobbiamo fermarci qui perché non c’è altro da raccontare. Anzi no, dobbiamo aggiungere che quel 4 marzo Mamadou, che di professione adesso fa il centrocampista, bagnò l’esordio con la Primavera del Pescara nel migliore dei modi, ossia con il gol. Di testa, dopo appena 5 minuti di gioco, 3-3 il finale del match contro i pari età dell’Avellino. La settimana successiva la splendida vittoria di Ascoli, firmata dal gioiello Del Sole autore di una doppietta, poi il definitivo salto in prima squadra. Definitivo perché Coulibaly si allenava già da 6 mesi abbondanti con il Delfino, aveva stregato Oddo e tutto lo staff tecnico a primo acchito. Mezzi tecnici fuori dal comune, abbinati ad una prestanza fisica che hanno portato qualcuno a paragonarlo già a Pogba: sorvoliamo, perché il ragazzo, che come idolo ha invece Yaya Touré, non ha certo bisogno di etichette controproducenti.

Nato nel 1999 a Thies, in Senegal, sbarcato in Europa nel dicembre del 2015, proveniente dal Marocco. Prima tappa da clandestino in Francia, un mese a Marsiglia e poi a Grenoble da una zia, quindi a Livorno da alcuni amici, infine rotta su Pescara. Qualche notte all’addiaccio, poi la ruota che inizia a girare “ho dormito tre volte al Campo Patrizi di Roseto degli Abruzzi, saluto il presidente Mino Bizzarri (ex attaccante, attivo dagli Anni 80 al primo decennio del 2000, ndr) perché anche lui mi ha aiutato, qui in Italia hanno fatto tanto per me. Mi hanno portato dai Carabinieri e da lì a Montepagano in una casa-famiglia, dove durante la settimana vivo ancora adesso perché ci sono anche i miei fratelli, ai quali voglio molto bene. All’inizio non avevo niente, nemmeno i documenti, oggi il mister mi ha fatto giocare 90 minuti contro il Milan. Sono felice perché ho fatto tanti sacrifici”. Zeman, al suo avvento in panchina, lo aveva inizialmente spedito in Primavera: “per un mese non mi sono allenato con la prima squadra, questa cosa mi faceva un po’ male perché volevo giocare subito. Ma quando mi hanno detto che sarei ritornato con i grandi, in camera mia è stata una festa”.

Il Pescara in Mamadou crede tantissimo, non a caso pur di metterlo sotto contratto aveva lasciato libero l’ultimo slot per gli extracomunitari. E il 2 marzo scorso, all’esito di una querelle burocratica con la Fifa per via della documentazione, la società del presidente Sebastiani – al compimento della maggiore età da parte del ragazzo – è riuscita a completarne il tesseramento. Il gioiellino biancazzurro sogna in grande, può farlo, il suo obiettivo dichiarato è quello di arrivare un giorno a vestire la maglia del Senegal. Non sappiamo se ci riuscirà, verosimilmente sì se le premesse sono queste, noi di certo glielo auguriamo. Una favola vera, quella di Coulibaly, nella speranza che l’happy ending, prima o poi, possa arrivare anche per i tanti altri Mamadou che di pallone non possono vivere.

Foto: sito ufficiale Pescara