Le sconfitte, solitamente, hanno un nome e cognome. Quella dell’Inter alla Volkswagen Arena almeno due. Agli svarioni di Juan Pablo Carrizo han fatto da contraltare il cinismo e la classe di Kevin De Bruyne, autore della pennellata su calcio d’angolo per lo stacco di Naldo - valso il momentaneo pareggio - e, soprattutto, della doppietta che ha scavato un solco in vista della gara di ritorno degli ottavi di Europa League, in programma a San Siro fra sei giorni. Prima un destro chirurgico all’angolino su assist di Vierinha, imbeccato dall’errato alleggerimento del portiere argentino, poi una punizione non irresistibile ma beffarda, insaccatasi all’altezza del secondo palo dopo un rimbalzo di troppo.
Avviandoci a tratteggiare il profilo dell’esterno offensivo belga, un pensiero non può che andare a José Mourinho. Chissà cosa avrà frullato nella testa del vate di Setubal vedendo che, nel day after per lui più amaro (da 8 anni centrava almeno le semifinali di Champions, prima di venire estromesso dal Psg a domicilio), uno dei suoi più clamorosi scarti faceva la differenza, ancora una volta.
Lui che abbandonava iracondo le conferenze stampa quando i cronisti inglesi lo stuzzicavano sull’ostracismo nei confronti di De Bruyne, poi frettolosamente ceduto per circa 22 milioni di euro al Wolfsburg nel gennaio del 2014. Plusvalenza importante sì, motivazioni tecniche anche perché non era facile scalzare gli Hazard, Oscar e compagnia cantante (discorsi che valgono anche per il neo viola Salah più che per l’altro ex Chelsea, oggi ai Wölfe, André Schurrle)…ma un pizzico di rimpianto certamente aleggerà sul cielo dello Special One.
Kevin nasce a Drongen il 28 giugno 1991 e inizia a giocare nella compagine della sua città per poi approdare, all’età di 8 anni, nel vivaio del Gent. Sei anni proficui prima di passare al quasi omofono Genk, con cui completa la trafila delle giovanili ed esordisce da professionista in prima squadra, il 9 maggio del 2009, in occasione della trasferta nefasta contro lo Charleroi. Nel quadriennio trascorso in patria De Bruyne totalizza 112 presenze, 17 reti e 36 assist. Numeri importanti, più che sufficienti per calamitare le attenzioni del sodalizio di Abramovich, che il 31 gennaio 2012 ne ufficializza l’acquisto per circa 8 milioni di euro lasciandolo però in prestito al suo club dell’epoca prima di girarlo, il successivo 2 agosto, al Werder Brema. In terra tedesca il rossiccio atleta delle Fiandre si consacra: 10 reti e altrettanti assist all’ombra del Weserstadion in 34 partite, prestazioni costantemente sopra la media non passate inosservate agli attenti occhi di Klaus Allofs, ds del Wolfsburg, che dopo gli unici 6 mesi di effettiva militanza a Stamford Bridge lo riporta in Bundesliga. Mossa azzeccatissima a giudicare dal ruolino di Witte: dopo i 3 gol messi a referto nelle 18 apparizioni raggranellate nella seconda parte della scorsa stagione, quest’anno Kevin è già entrato 13 volte nel tabellino dei marcatori, servendo 20 passaggi vincenti, tra campionato e Coppe.
Insomma, se il team di casa Volkswagen è ancora in corsa su tutti i fronti (seconda forza per distacco in campionato, ai quarti di Coppa di Germania e con un piede in quelli di Europa League) il merito è anche del Nazionale belga (29 gettoni e 9 segnature a far data dal debutto nell’agosto 2010), elemento cardine del collaudato canovaccio di mister Dieter Hecking al pari dei vari Ricardo Rodriguez, Luiz Gustavo e Bas Dost.
Per quanto riguarda il futuro, quello a lunghissimo termine nelle intenzioni del ragazzo è già delineato “vorrei chiudere la carriera negli Stati Uniti, ai Los Angeles Galaxy”, mentre per l’immediato nulla si può escludere. Negli ultimi mesi De Bruyne è stato accostato ai più svariati top club, dalle due corazzate di Manchester al Psg, passando per il Bayern Monaco e financo per un paradossale ritorno al Chelsea. Ma i Lupi sono ambiziosi, sperano di rivivere i fasti del Meisterschale di Dzeko e Barzagli e che il freschissimo 4-0 rifilato in Bundes alla banda Guardiola possa aver costituito il primo step di una nuova epoca d’oro. Il gap con i rossi di Baviera è ancora evidente, ma la solidità economica ai biancoverdi non manca. Das Auto: uno slogan, una garanzia.