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DIAWARA, IN UN LAMPO DALLA PARROCCHIA ALLA SERIE A

06.10.2015 | 09:30

La classifica del Bologna langue: l’ultimo posto a quota 3 punti non fa dormire sonni tranquilli ai supporters di fede felsinea che, dopo aver riconquistato – via playoff – il proscenio più ambito dopo un solo anno di purgatorio in B, non vorrebbero trascorrere una stagione intrisa di sofferenze. Nelle sette partite disputate sin qui è arrivata una sola vittoria, contro il Frosinone alla quarta giornata. Per il resto solo sconfitte, addirittura sei. L’ultima nel tardo pomeriggio di domenica a Torino, contro una Juventus apparsa più sicura e impostasi in rimonta per quello che è stato il primo successo interno di Madama in campionato.

In pochi sotto le Due Torri si sarebbero aspettati un avvio così difficile, anche perché Joey Saputo ha investito sul mercato e il ds Pantaleo Corvino, dopo essersi liberato degli innumerevoli fardelli ereditati dalla vecchia gestione, ha messo su una buona squadra, completata negli ultimi giorni di mercato con i vari Destro, Giaccherini e Mounier. Ebbene, tra difficoltà oggettive e malasorte beffarda che ha privato senza soluzione di continuità Delio Rossi di elementi cardine, qualcosa di positivo da questo primo schizzo di torneo è comunque emerso in casa Bologna. Oltre al già citato Mounier, il cui profilo tratteggiammo ai tempi dell’acquisto dal Montpellier da noi preannunciatovi, merita certamente un approfondimento Amadou Diawara. Età, storia e tempistica differenti dal momento che la società rossoblu definì, con il San Marino, l’operazione relativa al centrocampista già lo scorso 28 aprile, come vi anticipammo su questo sito parlandovi del contropiede piazzato dal diesse per prenotare il talentino e bruciare la concorrenza delle big d’Italia, comprese Inter, Juve e Roma. Il 23 giugno l’ufficialità, poi l’immediato salto in prima squadra per premiare un calciatore che inizialmente doveva semplicemente essere aggregato alla Primavera.

Il resto è storia contemporanea: Rossi stravede per Amadou, che ha lanciato nella mischia già all’esordio contro la Lazio: un piccolo spezzone nel finale cui è seguito un minutaggio sempre maggiore, fino alle tre ultime uscite, da titolare per tutti i 90 minuti, contro Fiorentina, Udinese e Juve. Appena diciotto anni compiuti lo scorso 17 luglio, per il ragazzo nato a Conakry (Nuova Guinea) nel 1997, ma la personalità nello stare in campo è già quella dei predestinati. Movenze da veterano, fisicità e buon tocco di palla con tutti i margini di miglioramento possibili. Il buon Delio sui prospetti ci ha sempre visto lungo, con Diawara stiamo avendo l’ennesima riprova. Qualche giorno fa l’allenatore ha portato il suo pupillo in conferenza e la commozione del ragazzo ha fatto subito il giro del web. Silenzi, lunghe pause prima di sbloccarsi davanti ai microfoni per dichiarare, in italiano fluente: “Sto vivendo un sogno, scusatemi, in campo è un’altra cosa: col pallone tra i piedi ho la testa libera e non mi importa di essere guardato da uno stadio intero, qui le sensazioni sono diverse perché non sono abituato alle domande. Se è vero che il mio modello è Yaya Touré? Sì, è il mio idolo, spero di diventare forte come lui se non ancor di più. Gioco davanti alla difesa come il campione del Manchester City, perché mi piace rompere la manovra avversaria e far ripartire l’azione. Sono molto giovane? Sì, ma alla fine credo che la qualità non abbia età. Per questo bisogna usarla subito e io devo lavorare tanto”. Idee chiare, grandi ambizioni e – forse – beata incoscienza, un mix che comunque gli gioverà, a patto che la gestione sia sempre la migliore possibile.

Amadou ha parlato di sogno perché la vita gli è realmente cambiata in un batter d’occhio: fino a poco più di un anno fa giocava in una parrocchia a Conakry, poi il suo agente Robert Visani lo ha portato in Italia, quindi Corvino lo ha testato per una settimana nella sua Academy a Lecce (garantendosi la corsia preferenziale) prima del passaggio al San Marino in Lega Pro: quattordici presenze raggranellate nel girone di ritorno, dopo aver conseguito la carta d’identità italiana (presto arriverà il passaporto e, con questo, lo status di comunitario a tutti gli effetti). E adesso la Serie A, da protagonista, senza essere mai passato da un settore giovanile. Insomma, a chiunque sarebbe come minimo girata la testa, ma Diawara al momento non soffre di vertigini e affronta il suo battesimo di fuoco con spensieratezza, ma anche con la professionalità di chi è pienamente consapevole dei mezzi che la natura gli ha donato. Tra un allenamento a Casteldebole e un assaggio di ragù, a Bologna forse è già nata una stella.