EMERY TRAGEDY
09.03.2017 | 23:45
Barcellona-Paris Saint-Germain ha ribadito come il calcio sia lo sport più bello del mondo. Spesso restiamo intossicati, ma dinanzi a spettacoli come quelli del Camp Nou riusciremmo a fare pace con chiunque. Gli ultimi otto minuti, tre gol con relativa qualificazione sulla pelle dei francesi, sono stati un sorso di Barolo da mandare giù senza fretta. Oppure un paio di sigarette da aspirare senza rendertene conto. In quei momenti tutti avremmo voluto essere al Camp Nou, tutti avremmo voluto essere tifosi di quella squadra capace di ribaltare un risultato ritenuto impossibile.
E poi Emery tragedy. Perché è proprio questo l’aspetto che ci terremmo ad approfondire. Tragedia senza confondere il sacro con il profano. Tragedia tattica perché, in fondo, stiamo parlando soltanto di calcio. Ma è impossibile pensare che un allenatore così bravo e celebrato abbia potuto trasmettere zero al suo gruppo. Emery ha sbagliato tutto, in modo particolare l’approccio. Perché sono bastati tre minuti, gol di Suarez compreso, per intuire che il Psg fosse rimasto terrorizzato nello spogliatoio. Chiuso a tripla mandata, come se avesse intuito che i nemici allenati da Luis Enrique sarebbero stati nelle condizioni di centrare l’impresa.
Come si dice? L’allenatore deve essere soprattutto un buon psicologo. Deve entrare nella testa dei calciatori, deve convincerli che certe idee sono giuste e altre no. Li deve preparare per fare in modo che l’ansia e la frenesia non abbiano il sopravvento sulla normalità delle cose. Ansia e frenesia che si trasformano in paura, esattamente quello che è accaduto ieri. Per un capo della panchina è la peggiore sentenza possibile, ancora più pesante e inaccettabile di un fallimento tattico (che c’è stato). I primi dieci minuti hanno rappresentato un verdetto: il Psg era inerme, passivo, si era già concesso. Chi aveva visto la partita di andata era entrato nel mondo dei sogni o delle allucinazioni. Rabiot era l’esatto contrario del Rabiot di Parigi, più o meno come Verratti, più o meno come Meunier, più o meno come Draxler, più o meno come tutti. E quando sei la controfigura, la copia più sbiadita, è perché hai il terrore del nemico e lo fai diventare più importante di quello che già è.
Un allenatore può sbagliare la formazione iniziale, azzeccare o bucare i cambi. Emery è riuscito nella “fantastica” impresa di fare bingo: ha sbagliato tutto. La scelta degli uomini, l’atteggiamento, l’assenza di reazione. Aggravante: dopo il gol di Cavani, che avrebbe potuto confezionare un immediato bis, il fato ti aveva allungato un braccio. Come a lanciare un messaggio della serie “riesci a rinsavire adesso che sei tornato in vita, oppure ripiombi nel letargo di prima?”. Paura, paura, paura. Al Psg non era bastato quello squillo di Cavani, non sarebbe stato sufficiente qualsiasi tipo di iniezione, mentalmente era in preda al panico.
E quegli otto minuti finali, dalla punizione di Neymar alla zampata del canterano Sergi Roberto, sono stati la prova provata che puoi avere i campioni in squadra… Ma se ti manca il resto, amen.
Il resto è soprattutto un allenatore ispirato che trasmetta alla squadra. Emery ha scioperato, comunque vada nella sua buonissima carriera resterà un buco nerissimo. Il resto è una squadra che non vale 40 o 50 milioni cadauno se sul più bello si squaglia al sole e confonde la notte con il giorno. Emery tragedy, sulla barca del Psg che affonda ancor prima di andare in mare aperto. Certe cicatrici, purtroppo, nessuno vorrebbe averle. Perché restano nei secoli.
Foto: sito ufficiale Psg