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Fabbian: “Devo tanto a Pippo Inzaghi e Chivu. Mi ispiro a Barella”

20.04.2024 | 11:25

Giovanni Fabbian, centrocampista del Bologna, ha rilasciato un’intervista a SportWeek, settimanale della Gazzetta dello Sport, dove si racconta su diversi temi.

Queste le sue parole: “Sono un normalissimo ragazzo di 21 anni che ha la fortuna di fare quello che gli piace da sempre. E cerco di godermela nella maniera più naturale possibile”. 

Hai sempre fatto il centrocampista?  “Sono partito attaccante, poi terzino e difensore centrale. Ho giocato un po’ in tutti i ruoli, tranne quello del portiere. Anzi, sì, una volta sola: al primo tiro presi gol, e per colpa mia. Dissi subito basta. A centrocampo mi hanno spostato che avevo 13 o 14 anni: ero cresciuto parecchio in statura e decisero che quello sarebbe stato il mio ruolo”. 

A Padova vinci lo scudetto Under 15 e capisci che il calcio sarebbe stato il tuo futuro?  “No . Lo sognavo, ma senza pensarci veramente. Quello scudetto fu il coronamento di un percorso iniziato quando avevo 8 anni. Poi passai all’Inter”. 

All’Inter incontri Willy Gnonto, di cui hai detto: “È il mio miglior amico nel calcio”. 
“Ce ne sono altri, però a lui sono particolarmente attaccato. Bravissima famiglia, lui è forte in campo e divertente fuori. Siamo stati compagni di banco al convitto”. 

Prima esperienza da professionista, a Reggio Calabria: un veneto di 20 anni che parte per il profondo Sud…  “Fantastico. Bellissimo”.

Il tuo primo allenatore tra i professionisti è stato un certo Pippo Inzaghi…  Mi ha fatto giocare, mi ha regalato parecchi preziosi consigli, ha speso pubblicamente parole buone nei miei confronti. Ci sentiamo ancora”. 

Hai detto: Thiago Motta mi ha conquistato elencandomi i miei difetti. Quali? 
“Eh, sono cose tra noi due e tra noi due devono restare. Però è vero che, alla nostra prima telefonata, mi chiarì in cosa secondo lui avrei dovuto migliorare”.

Hai detto: “Mi piace stare al Bologna perché gioca bene al calcio”.  “Sì, siamo una squadra che cerca sempre di trovare la soluzione per uscire dalla propria metà campo con la palla a terra: è una scelta che presuppone l’assunzione di responsabilità. È bello giocare nel Bologna ed è bello vederci giocare”. 

A un ventunenne serve giocare in una squadra come questa, oppure salire un gradino, per esempio tornando all’Inter, a contatto con grandi campioni ma col rischio di guardarli dalla panchina? 
“Per un giovane l’importante è giocare, con la possibilità di sbagliare”.

I più forti nel tuo ruolo?  “Barella, per la personalità e perché sa fare molte cose. Bellingham, perché ha qualità tecniche fuori dal comune”. 

Foto: Instagram Fabbian