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FARSOPOLI

29.04.2015 | 22:54

Dalla tragica scomparsa di Ciro Esposito, ci eravamo ripromessi di non trattare l’argomento violenza. Avevamo chiesto interventi duri, chiari, precisi. Leggi, interpellanze, interrogazioni, prese di posizione. Fatti, non parole. Abbiamo atteso invano, non è cambiato nulla. Siamo un Paese di quaquaraqua: preferiamo scrivere, piangere, denunciare, fare demagogia, ignorando il cuore del problema. Facciamo ridere: questa è Farsopoli, per certi aspetti molto peggio di Calciopoli.
Da domenica pomeriggio a pochi minuti fa è il solito, interminabile, elenco di editoriali, riflessioni, consigli. In sintesi: bla-bla-bla. Dispiace che un Maestro come Gian Paolo Ormezzano dica “ho fatto solo satira” quando su certi argomenti sarebbe meglio stendere un velo pietoso e neanche esibirsi. Perché sulle false interpretazioni, non tutti capiscono allo stesso modo, si possono scatenare meccanismi incontrollabili. Quindi sarebbe meglio evitare, appunto. Come sarebbe meglio evitare che Tavecchio dica le solite cose da sempre, ovvero che “una bomba carta è una cosa grave, che ci vogliono decisioni esemplari”. Da quando è lì non ha mosso un dito per rendere operative determinate cose. Ripetiamo fino alla noia: dalla tragica scomparsa di Ciro Esposito non c’è stato l’attivismo necessario per passare dalla teoria alla pratica, per non restare intossicati dalle solite nubi di belle intenzioni. Spesso figlie del protagonismo di chi si riempie la bocca per fare la morale, per travestirsi da maestrino. Quando invece avremmo bisogno di fatti certi e di decisioni chiare. Come ha detto Gianni Infantino, segretario generale dell’Uefa, “bisogna riconoscere e isolare i violenti, tenerli fuori dallo stadio, metterli in galera per un po’…”. Da noi accade esattamente il contrario. Non c’è bomba carta che tenga; non esiste morto che possa accelerate un iter di una lentezza esasperante; non esiste tragedia che convinca chi di competenza a parlare con i fatti – quelli veri – lasciando perdere le frasi con un corretto congiuntivo e qualche aggettivo ben messo. Soltanto per lasciare traccia in quel momento. Tanto, poi sempre Farsopoli è.
Dalla tragica scomparsa di Ciro Esposito abbiamo ascoltato slogan che erano sentenze: “Ora basta, interveniamo e colpiamo duro”. Nulla di tutto questo. Si accapiglieranno per i diritti televisivi, organizzeranno tavoli per improbabili questioni, scaricheranno le colpe come principale specialità della casa. E se ne laveranno le mani perché, al confronto, Ponzio Pilato era un autentico dilettante allo sbaraglio. Se tre indizi fanno una prova, qui ne abbiamo avuti almeno 200 sul fatto che questo sia un Paese seduto, lontano anni luce da una sensibilità organizzativa e operativa che vada ben oltre la fittizia emozione del momento. Sarà colpa dello Stato, certo. Ma non solo, non sempre.
Farsopoli continuerà fino a quando con i fatti non si vedrà la luce di un mondo diverso. E non avrà più motivo di esistere quando lo stesso Infantino non dovrà ripetere quelle parole che suonano come una sconfitta di tutti. Anche e soprattutto di chi continua a scrivere belle parole, magari commentando le dichiarazioni inutili di Tavecchio. Hanno fatto centomila interviste a Manenti, dandogli tutto lo spazio possibile e immaginabile, si sono calmati soltanto quando è finito in carcere. Pubblicità gratuita, spazio sprecato e rubato magari ad approfondimenti più sensati.
Siamo fatti così, facciamo ridere il mondo. Altrimenti Farsopoli sarebbe finita da un pezzo. Invece no. E chissà per quanto ne avremo ancora.