FASSONE E IL CLAN DEI ROSICONI

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Siamo in Italia, esiste poca meritocrazia. Quasi zero. E se Marco Fassone, amministratore delegato del nuovo Milan, ha in mente di premiare tanta gavetta e tantissimi fatti con la promozione di Massimiliano Mirabelli nel ruolo di direttore sportivo, apriti cielo. Il clan dei rosiconi diventa infinito, adesioni su adesioni. Non riescono a farsene una ragione: magari sono gli stessi che hanno speso zero parole, ordini di scuderia, quando Faggiano disse no al Bari perché era in parola con il Palermo. E in quei giorni gli conveniva dire che avrebbe giurato amore eterno al Trapani, salvo poi rimangiarsi la parola quando Zamparini gli ha offerto più del doppio rispetto a quanto avrebbe guadagnato in B. Oggi, nel caso di Mirabelli, funziona così. Diciamo che sarebbe l'ora di cambiare le solite facce, di evitare gli stessi errori, di non dare un'altra chance a chi ne ha bucate cento, e poi viene fuori il clan dei rosiconi. Il clan dei rosiconi è quello che parla senza sapere, ha gelosia e invidia perché nota che un'altra persona sta per fare quello che a lui sarebbe piaciuto fare pur non avendo le qualità. Il clan dei rosiconi è composto da chi confida per una vita di aggrapparsi a un carro, di vivere di ricordi, di sperare che l'amico gli dia una mano parlandone bene, magari sfoggiando un curriculum che vale zero quando devi fare un altro lavoro. E per esibirti da allenatore o direttore sportivo occorrono qualità vere. Non una telefonata che ti allunga, anzi ti illumina la vita professionale. Ma siamo in Italia e così funziona. Tuttavia ci spiace molto ascoltare alcune battute (l'ironia andrebbe utilizzata bene, non la puoi acquistare al supermercato) che determinati addetti ai lavori hanno fatto per commentare l'avvento di Mirabelli. Lo stesso Del Piero ha voluto aggiungere che il prossimo uomo immagine uscirà da un ballottaggio tra Bergomi e Zanetti, a noi sinceramente non è scappata una risata e neanche mezza. E dispiace che lo stesso Del Piero non sappia come una parola fuori luogo possa fare danni, creare gli stessi traumi che ebbe lui quando Andrea Agnelli decise di sbattergli la porta in faccia dopo la richiesta di un rinnovo in bianco con la Juve. Ma, ripetiamo, l'ironia non può essere utilizzata da chiunque. Ci spiace ancora di più quando e se altri opinionisti vanno oltre. Per esempio Massimo Mauro che, commentando l'avvento di Mirabelli in rossonero, ha dichiarato "allora sarà Ausilio il nuovo direttore sportivo del Milan". Con chiaro riferimento al rapporto di dipendenza da capo scouting dell'Inter. Forse Mauro voleva giocare un inopportuno derby Catanzaro-Cosenza, considerate le origini di Mirabelli, una scelta sgradevole. Ma per avere la soluzione basterebbe ricordare la meravigliosa (?) parentesi di Mauro come presidente del Genoa: a piazza de Ferrari ne parlano con entusiasmo, un'esperienza memorabile, ricca di idee, di contributi, di contenuti, di geniali intuizioni. E se Costacurta dichiara "il Milan? Non ci provino neanche a contattarmi", noi vorremmo cercare di capire quale potrebbe essere il ruolo di Billy nella nuova dimensione rossonera. Non ne troviamo uno. Rappresentanza? Non ha senso. Area tecnica? Costacurta ha alle spalle un'esperienza da allenatore con il Mantova, durata il tempo di un respiro. O di un sospiro da parte di chi non vedeva l'ora di voltare pagina. Quindi, un po' di coerenza forse non sarebbe sgradita su questi e altri schermi. Magari prendendo spunto da Leonardo che ha allenato Milan Inter, non se n'è fatto un problema e non comprendiamo i motivi di questa sollevazione di personaggi illustri. Anzi, la comprendiamo sì: quando Fassone sceglie di andare controcorrente, rispetto alle solite regole che comprendono gli amici e gli amici degli amici, qualcuno ci resta male. Anzi, malissimo. E nasce il clan dei rosiconi, poveri noi.