Fonseca: “Mai avuti tanti infortuni. Smalling? Vorrei restasse. Voglio i trofei, ma sono importanti le esperienze di vita”
05.04.2020 | 17:24
Paulo Fonseca, allenatore della Roma, ha rilasciato una lunga e interessante intervista sulle pagine del quotidiano portoghese A Bola:
Come vanno le cose in Italia? Luis Castro ha detto che era più difficile andare al supermercato che giocare con l’Atalanta…
“Direi che l’Atalanta è più difficile! La situazione a Roma è più o meno sotto controllo. Nel nord del paese è tutto più complicato. In questo momento Roma è una città completamente deserta. Quando vado al supermercato non ho alcuna difficoltà. Nessuno si vede per strada, le persone stanno facendo quello che gli è stato chiesto di fare. Nel nord Italia la situazione drammatica è in Lombardia”.
È stato uno dei primi allenatori a ribellarsi contro i rinvii parziali del gioco: ritiene che ci sarebbe potuta essere un’altra gestione da parte della federazione italiana?
“Sinceramente, ho pensato che si sarebbe dovuto fermare per tutti, era quello che sostenevo. Non era giusto che alcune squadre giocassero e altre no. Ci saremmo dovuti fermare tutti nello stesso momento. Il calcio coinvolge molte persone, i viaggi allo stadio lo rendono un mezzo di propagazione quasi incontrollabile. Sarebbe dovuto succedere a tutti allo stesso momento. Comprendo tuttavia che si tratta di una situazione nuova”.
Ha mai sognato di ritrovarsi dove sta adesso?
“Onestamente sì. Ho sempre sognato di arrivare in uno dei più grandi campionati europei e in un grande club come la Roma. Sono innamorato di questo club. Sto vivendo momenti che non cambierei con niente altro”.
Difficoltà per ricominciare la stagione dopo questo stop?
“I calciatori stanno facendo attività fisica. Non si allenano a calcio, ma si allenano molto al livello fisico. Credo che arriveranno in una condizione migliore che prima del ritiro estivo, anche se è una situazione nuova per tutti. Dovremmo accelerare i processi più velocemente per essere pronti in poche settimane”.
La scelta Roma?
“Ho sempre avuto l’ambizione di allenare nei migliori campionati europei. L’Italia è uno dei campionati più difficili, forse proprio il più difficile a livello tattico. Quando il mio procuratore, Marco Abreu, mi ha parlato delle diverse possibilità che avevamo davanti, una di queste era proprio la Roma e io mi sono interessato subito. Avevo giocato all’Olimpico con lo Shakhtar l’anno prima e avevo visto l’atmosfera incredibile di questi tifosi innamorati e del modo in cui loro vivono il club. La città mi intrigava. Non è stata una questione economica, perché avevo proposte più importanti sotto questo punto di vista, però volevo misurarmi in una campionato come questo italiano, che è tatticamente diverso dagli altri e volevo Roma”.
Sul campionato italiano?
“In Italia ogni partita fa storia a sé. Qui ci sono squadre che fanno copertura a uomo, quelle che difendono basso, altre che pressano alto. Tante squadre che riescono a cambiare strategia durante il gioco e cambiano il modulo da partita a partita. La strategia è determinante per vincere. Senza dimenticare i miei principi di gioco, mi piace giocare con difesa alta e squadra molto corta, ma qui ho dovuto adattarmi per controllare la profondità. In Italia c’è una ossessione al dominio della profondità. Sto crescendo molto dal punto di vista strategico. In questo momento, la Roma è pronta ad adattarsi a diversi sistemi di gioco e cambiare strategia a partita in corso”.
Gattuso, tecnico del Napoli, mette paura anche dalla panchina?
“No (ride). È una persona molto espansiva, ma non ho ancora giocato contro di lui. Ho giocato contro Ancelotti, grande signore del calcio. Ho un enorme rispetto e ammirazione per lui, è stato un onore conoscerlo”.
Qual è stato il giocatore avversario che le ha dato maggiori problemi in questa stagione?
“Diversi. Papu Gomez, Ilicic, Immobile, Cristiano Ronaldo, Dybala. Lo stesso Lukaku. In Serie A c’è un gruppo di giocatori de grande qualità che riescono da soli a risolvere le partite”.
Gli infortuni? Zaniolo?
“Questa stagione ho vissuto qualcosa di nuovo con tanti infortuni traumatici. Non mi era mai successo prima in carriera, ma sono infortuni che non riusciamo a controllare. Non è solo Zaniolo, ma lui era in un grande momento e ci è mancato tanto. L’assenza di Diawara è stata pesante. Mkhitaryan è stato fuori due, tre mesi. Poi abbiamo perso anche Pellegrini, Cristante, Zappacosta, Dzeko, Perotti, Pastore, Kluivert, Under. Non ho mai avuto tutti questi calciatori disponibili allo stesso tempo. È difficile trovare stabilità in una squadra con tanti infortuni. Ci sono stati momenti molto complicati quando non avevamo giocatori per determinate posizioni, ma in quei momenti la squadra ha tirato fuori un forte carattere, si è unita, ha lottato contro le difficoltà. Ho un gruppo di lavoro molto solidale ed è stato molto importante nei momenti di difficoltà”.
L’importanza dei trofei o di lasciare un segno?
“I trofei rimangono nella storia e nei libri. Sono importanti, ma per me più importante è riuscire a segnare le persone che lavorano con me e aiutarle ad essere migliori. Questo mi dà più piacere che essere ricordato solo per i trofei. Fare crescere i miei giocatori, vedere come cambiano e migliorano in campo e conseguentemente anche nella loro vita privata, è una grande soddisfazione. Voglio i titoli, come tutti, e ricordo quelli che ho vinto con grande soddisfazione, però ricordo con più gioia quello che ho vissuto con i miei giocatori”.
Sui tifosi?
“Ho sempre sentito una passione enorme da parte dei tifosi. A gennaio quando abbiamo vissuto il periodo più complicato non abbiamo mai sentito animosità da parte loro. Sono unici, fantastici nel modo in cui vivono il club. La loro passione è impressionante; sento anche grande comprensione da parte dei tifosi”.
Qual è il miglior derby? Roma-Lazio, Braga-Guimaraes o Paços de Ferreira-Fremunde?
“Non credo di avere mai giocato Paços de Ferreira-Fremunde, è l’unico che mi manca. Braga-Guimaraes è un derby molto intenso, ma non ho mai vissuto una gara come Roma-Lazio. È una partita unica”.
Mkhitaryan ha elogiato lo stile offensivo della Roma. È stato facile trasmettere l’idea del gioco ai giocatori?
“Lo è stato, sì. Fin dall’inizio i giocatori hanno accettato la nostra idea di gioco. In questi club tutti i giocatori amano avere la palla e odiano correrle dietro. La nostra idea di gioco esalta le migliori caratteristiche dei giocatori. A loro piace un atteggiamento coraggioso, c’è stata subito accettazione da parte loro”.
Come gestisce la pressione?
“La più grande pressione è quella che metto su me stesso, ma la gestisco bene. È enorme qui a Roma. Ma se non l’avessi cercata non potrei aspirare ad allenare un grande club come questo. Durante la mia carriera ho avuto momenti di grande stress che mi hanno permesso di vivere questa situazione in modo diverso”.
Su Smalling?
“Mi ha sorpreso. È un difensore che non era mai uscito dall’Inghilterra ed è arrivato in un campionato molto esigente dal punto di vista tattico, dove un dettaglio fa la differenza. Chris si è ambientato rapidamente. È un ragazzo straordinario, molto intelligente. Ha caratteristiche che apprezzo molto nei centrali. È veloce, quasi imbattibile nell’uno contro uno. Ha grandi capacità di lettura di gioco e di anticipo. È stato molto importante per la nostra squadra. Se è possibile io vorrei che restasse. Grande professionista e grande persona è un piacere averlo qui con noi”.
Zaniolo, Kluivert e Ünder sono molto giovani, ma la squadra ha anche giocatori come Kolarov e Dzeko. Qual è il prototipo del giocatore che la Roma cerca?
“La Roma sta seguendo una strada per il futuro. Siamo la squadra più giovane del campionato. Abbiamo Mancini, Pellegrini, Diawara, Kluivert, Under… Villar lo abbiamo pescato dalla seconda divisione spagnola, Perez è arrivato dal Barcellona. In questo momento, la Roma per vincere deve avere giocatori decisivi che abbiano anche grande esperienza. Ma non pensare solo al futuro, occorre tornare alla vittoria. Questa combinazione di gioventù, la base della squadra, con l’esperienza, è fondamentale per il futuro della Roma”.
Qual è stata la miglior partita che hai visto in questa stagione?
“Può essere della Roma o di qualsiasi altra squadra Il miglior incontro? Forse proprio uno nostro… mi sono davvero piaciute le nostre gare con Fiorentina, Milan e Napoli, in un momento in cui la nostra squadra stava avendo grandi difficoltà. Abbiamo disputato dei bellissimi match”.
Qualche giocatore che le interessa del campionato portoghese?
“Per la stampa tanti, l’ultimo è Tiquinho Soares (FC Porto). In questo momento no, non penso a nessun calciatore del campionato portoghese”.
Ruben Amorim, ex Braga, è ora il nuovo tecnico dello Sporting Club de Portugal, pagato 10 milioni di €. Ritiene che sarà sempre più comune per un allenatore costare quasi come un calciatore?
“Perché no? I giocatori possono trasferirsi, perché un allenatore no? Se un club vuol scommettere su un allenatore, perché non può acquistarlo? Se Amorim dovesse ottenere dei risultati importanti con lo Sporting Clube de Portugal, allora la cifra spesa diventerà irrisoria. Se un club prende un tecnico a 10 milioni di €, poi vende i giocatori a 100 milioni di €, ha fatto un ottimo affare”.
Si ricorda le sfide con Bruno Lage?
“Quando Bruno ricevette un premio in Portogallo (Quinas de Ouro, ndr) ne parlò. Penso di averlo battuto nel 2006/2007. Ho una grande ammirazione per lui, lo stimo molto”.
L’esperienza con il Porto?
“Quello che ho vissuto con il Porto è stato estremamente importante. È stata un’ottima esperienza che oggi mi aiuta a gestire la pressione in maniera diversa. Ho sviluppato metodi per gestire la pressione, chiunque non possa gestirla è condannato al fallimento. Ad esempio, posso dire che le critiche non mi disturbano. Forse all’inizio mi davano fastidio ma non oggi. L’esperienza ti aiuta ad affrontare queste situazioni”.
Quando pensa possa riprendere il calcio?
“Penso che potremmo riprendere a giugno ma è una visione molto ottimistica”.
Foto: Roma Twitter