Hai più volte dichiarato che il momento di unione con i tifosi dopo la sconfitta nella finale di Copa del Rey del 2010 è stato uno dei più speciali. È questo il ricordo che porti nel cuore?: “Quel giorno era… ( respira ), fino ad ora mi si accappona la pelle. Era il mio compleanno, lo ricordo ancora. Non ho avuto un regalo felice. Una volta vinta la UEFA, volevo vincere la Copa del Rey, ma non ci è stata concessa. Tanto per aneddoto vi dirò che siamo arrivati tardi al campo. Uscimmo dall’albergo e l’autobus attraversò la zona dove c’era la squadra dell’Atlético de Madrid e l’euforia della gente era così grande che non potemmo andare avanti al punto che arrivammo tardi alla partita. Ovviamente non sono scuse, ma non ti prepari nello stesso modo di quando sei due ore prima. Siamo arrivati, ci siamo cambiati e siamo scesi subito in campo per riscaldarci velocemente. Ricordo che tornavo nello spogliatoio e avevo un fischio nelle orecchie, come quando vai in un club e hai lo speaker accanto. Era lo stesso. A causa del rumore che facevano i due tifosi. Poi purtroppo abbiamo perso, ma la dimostrazione di affetto da parte dei tifosi è stata una cosa difficilmente ripetibile. Guardavamo i tifosi senza allontanarci dal campo”.
Coppa del Mondo 2010?: “È stato difficile. Se ci avessero detto che eravamo arrivati alle semifinali di quel Mondiale, l’avremmo firmato; ma poi sei così vicino a una finale mondiale e fa male. Anche se dovevi giocare contro la Spagna, che era una squadra con grandi giocatori, e sapevi che sarebbe stata difficile, è solo una partita e tutto può succedere. Come i due che Robben aveva per l’Olanda, se non fosse stato per Casillas forse avrebbe vinto la partita e non la Spagna. È un partito unico, le forze sono uguali. È stata dura, molto dura, soprattutto per la sensazione che si prova in campo. L’Olanda ci ha battuto bene, ma in cinque minuti segna due gol veloci e ti lascia fuori. La mia sensazione a fine partita è che loro non fossero stati superiori”.
Copa América?: “Non è paragonabile, ma quello che non accadde in quel Mondiale, finimmo per coronarlo l’anno successivo vincendo la Copa América in Argentina. È uno dei titoli più speciali della mia carriera. Il fatto di indossare la maglia della Nazionale, poter cantare l’inno e vincere un titolo… non c’è niente di paragonabile. Mio nonno, da parte di madre, ha guidato la nazionale e ha vinto due Copa América. Mio padre giocò e ne vinse uno. E l’ho vinto anch’io. Siamo l’unica famiglia al mondo ad aver vinto quattro Copa América in tre generazioni. Immagina cosa significa”.