Quando il 16 luglio del 2014 Antonio Conte lasciò la panchina della Juventus, a ritiro già iniziato, venne giù il finimondo. “Ma come, a poco più di un mese dall’inizio del campionato? Sostituirlo con Allegri, poi, un disastro”. Il seguito lo conoscete tutti: ai tre scudetti vinti da don Antonio si sono aggiunti i due di Max, che salendo sul treno in corsa il primo anno riuscì addirittura a portare la Signora in finale di Champions, sfiorando il Triplete. E, nel frattempo, il club bianconero è passato dal non potersi sedere in un ristorante da 100 euro, parola di Conte, al potersi permettere - complice la cessione di Pogba - un acquistone da 90 milioni di euro no-van-ta mi-lio-ni, la scansione in sillabe può aiutare. I tifosi dell’Inter confidano proprio in questo precedente per guardare con ottimismo al futuro, alla luce dal ribaltone in panchina con testimone passato da Roberto Mancini a Frank De Boer. Il tutto all’esito di una situazione che si era fatta realmente insostenibile, come vi abbiamo raccontato diffusamente nel corso delle ultime settimane. Il Mancio era in scadenza di contratto e inoltre, lesa maestà per i suoi abituali standard, non era stato più coinvolto nelle scelte strategiche di mercato dal nuovo azionista di maggioranza Suning. Lo “zuccherino” Candreva non è bastato ad acuire la sua insoddisfazione, dal suo canto la società - ormai esausta - è andata su tutte le furie per i tracolli in amichevole contro il Bayern 2 e il Tottenham, ultime gocce che hanno fatto traboccare un vaso già di per sé stracolmo. Al di là della divergenza di vedute su Mauro Icardi, che Roberto - se avesse potuto - avrebbe portato a spalla a Napoli per Gabbiadini e 50 milioni. Insomma, la risoluzione consensuale è parsa come la soluzione più logica, praticamente inevitabile.
Archiviato il capitolo Mancini, il cui atto II sulla sponda nerazzurra dei Navigli è stato contrassegnato più da bassi che da alti, specie rispetto all’organico che - Yaya Touré a parte - gli era stato cucito su misura, in casa Inter è già tempo di accogliere Frank De Boer, l’allenatore individuato per ripartire con slancio e freschezza. Un profilo che ha messo d’accordo il presidente con poco portafoglio Erick Thohir, che poche settimane dopo il suo insediamento (era il febbraio 2014) fece due nomi parlando di mercato (“mi piacciono Lionel Messi e Frank De Boer”), e soprattutto il gruppo Suning, affidatosi a Kia Joorabchian per lavorare alle questioni di mercato più spinose. Prima di sintetizzare in breve le principali tappe delle due carriere del 46enne ex nazionale oranje (112 presenze e 13 reti dal 1990 al 2004) , diamo spazio a qualche curiosità sempre in salsa Ajax. In chiave derby della Madonnina va detto che da giocatore batté il Milan nella finale di Champions del 1995, mentre l’esordio assoluto da allenatore in prima (dicembre 2010) lo vide espugnare San Siro proprio sulla pelle dei rossoneri nella ex Coppa dei Campioni, all’epoca guidati dal già menzionato Allegri. In ottica negativa va invece registrata una nefasta analogia: il 5 maggio (2012) dell’Inter lo conosciamo tutti, il buon Frank invece mai potrà dimenticare quanto accaduto tre mesi fa. L’8 maggio del 2016 i Lancieri, presentatisi all’ultima giornata con un punto di vantaggio sul Psv, non sono andati oltre l’1-1 contro il già retrocesso De Grafschaap: Eredivisie in bacheca degli storici rivali di Eindhoven impostisi per 3-1 contro lo Zwolle, per la medesima clamorosa impresa al contrario. Lacrime amare e beffa atroce per i biancorossi di Amsterdam, che in campionato erano arrivati secondi anche nel 2015 ma in compenso dal 2011 al 2014 - con De Boer al timone - avevano centrato un favoloso poker, record storico per un tecnico olandese (i mostri sacri Michels, Van Gaal e Hiddink si erano fermati a tre), con una Supercoppa d’Olanda ad infarcire ulteriormente il palmarés. Frank in totale ha allenato l’Ajax per 8 anni: biennio 2008-10 nel settore giovanile, con contestuale ruolo da vice nella Nazionale maggiore, gli ultimi sei da responsabile della prima squadra. Tantissimi i talenti lanciati in orbita: da Luis Suarez a Eriksen, passando per i vari Vertonghen, Alderweireld, Blind, Milik, Klaassen e Bazoer. Dal punto di vista tattico, Frank ha solitamente prediletto il 4-3-3 - quasi una religione alle sue latitudini - ma non è un integralista, pur non prescindendo da una linea difensiva a quattro (4-2-3-1 e 4-3-1-2 altri moduli da tenere in considerazione, con un occhio di riguardo agli equilibri difensivi). Procedendo a ritroso e venendo al suo percorso da calciatore, 668 le presenze in gare ufficiali a livello di club (con 62 gol all’attivo, non pochi per un difensore centrale), più della metà delle quali disputate difendendo i colori dell’Ajax, la squadra che gli ha consentito di vincere tutto: 5 Eredivisie, 2 Coppe d’Olanda, 3 Supercoppe olandesi, 1 Champions League, 1 Coppa Intercontinentale, 1 Supercoppa europea, 1 Coppa Uefa. In bacheca va annoverata anche l’unica Liga conquistata nei quattro anni e mezzo a Barcellona. Galatasaray, Rangers Glasgow, Al-Rayyan e Al-Shamal le società che hanno usufruito delle sue prestazioni a fine carriera, ultime tre esperienze condivise con l’inseparabile gemello Ronald.
Riposizionandoci sul De Boer mister, tulipano di casa Suning, dopo aver sfiorato più volte la Premier League negli scorsi, lo aspetta la prima avventura fuori dai confini nazionali, in quella Serie A che nel maggio del 2014 aveva dichiarato non piacergli. Ma la vita è fatta di contingenze e l’Inter rappresentava ovviamente un’occasione da cogliere al volo. (J.C.)
Foto: uefa.com