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A TUTTO GANSO, FINALMENTE EUROPA

17.07.2016 | 13:38

Finalmente ha trovato l’America. O meglio: Paulo Henrique, in arte Ganso, ha trovato la sua Europa. Tranquilli, perché la proverbiale saudade brasiliana – emozione legata  alla nostalgia del passato, sentimenti quali lontananza, dolore e separazione – non invaderà l’animo di questo calciatore. Almeno per un po’. Dal Brasile alla Spagna, dalla samba al flamenco, dal San Paolo al Siviglia. Chiamiamolo un percorso netto, quello di Ganso. Il club del ds Monchi, a braccetto con l’acquisto di Vazquez del Palermo, ha ufficializzato anche l’arrivo di questo meraviglioso giocatore brasiliano. Così, Ganso, dopo 27 primavere di apprendistato in Sud America, è pronto per il grande salto nel vecchio continente. Già, era ora. E chissà perché, ma quando si pensa a Ganso viene in mente il rossonero. No, vi sbagliate: non c’entrano i colori sociali del San Paolo, bensì quelli del Milan. Diversi anni addietro, per sopperire alla mortifera cessione di Kakà, Galliani e soci si fecero in quattro per portare nel feudo di Milanello il trequartista brasiliano. Furono sforzi sprecati, però. Leonardo, in quegli anni legato fidato di Galliani,  si mosse in lodi sperticate per Paulo Henirque. Il dirigente rossonero e il calciatore paulista si sentivano tutti giorni, perché quel Ganso faceva proprio il caso del Milan: un trequartista con le caratteristiche esclusive di questo delicato ruolo, ma non solo. 1,84 metri di altezza per 73 kili, abile nella rottura del gioco avversario e capace di condurre la palla a suo beneplacito, imbastendo la manovra offensiva con raziocinio e cognizione di causa. Poi l’estro, quello tipico dei brasiliani. I colpi arrotatati di rara bellezza e magia. Insomma, poteva essere il nuovo Kakà. E lo sarà, per il Siviglia. Il costo dell’operazione si aggira attorno ai 10 milioni di euro. Il calciatore verdeoro sbarca in Andalusia su esplicita domanda del nuovo allenatore Jorge Sampaoli.

Il bambino che tutte le madri vorrebbero avere. Figlio di buona famiglia, Paulo deve portare alto lo stato dell’arte del suo lignaggio. Il papà, dipendente di una nota compagnia petrolifera, vuole mandarlo all’università. Ma il tempo è poco, il ragazzo pensa solo al pallone. Vietato pensar male, però: perché Paulo a scuola va bene, superando a pieni voti tutti gli ostacoli della formazione. Fu la madre, tuttavia, a spingerlo sempre più verso il pallone. Poco importa se i vicini si lamentavano del baccano, dei vetri rotti, delle esultanze. A questo ragazzo, era impossibile bucargli il pallone. Dona Creuza, la madre, lo spinge verso il futbul. Paulo vestì la maglia di tutte le squadre della sua cittadina, Ananindeua. Rispettivamente passò dall’EstrelaPaysandu e Tuna Luso. Poi il Santos, dove il magazzinieri del club gli affibbiò il soprannome di ‘Ganso’ (oca), in virtù di quel suo modo prosaico di correre e condurre la palla. Tradotto, significava che con il calcio non facevi rima, che eri una di quelle oche sgraziate prossima al ritiro dal pallone. Macché. Si sbagliò, quel magazziniere. Ganso arrivò in prima squadra, assieme a Neymar. E insieme, quei due, andarono a prendersi la Coppa Libertadores. Poi i crociati a pezzi, un poker d’operazioni alle ginocchia. La paura di farsi male e quell’Europa che non arrivava, nonostante lo sponsor di Leonardo. Nel 2014, però, Kakà sbarca al San Poalo, e si ritrova Ganso, quest’ultimo arrivato direttamente dal Santos. Paulo, con l’avvento di Ricardo, migliora: lascia da parte la corsa cadenzata per i tocchi di prima, aumenta la massa muscolare e impara a colpire di testa. Ora è pronto, quasi perfetto. Quest’anno arriva in semifinale di Copa Libertadores, mettendosi sotto una nuova luce. E Monchi, il ds del Siviglia, dalla Spagna ci ha visto lungo. Meglio portarlo in Europa, questo Ganso.

Foto: alchetron.com