Garcia, questo non è il Napoli. E non serve improvvisare

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A Rudi Garcia vorremmo dire due o tre cose, pur sapendo che siamo a metà settembre e che non è giusto giudicare dopo un mucchio di partite. Ma siccome quando grandina un po’ di apprensione ce l’hai, ci sembra il caso di mettere i puntini su qualche “i”. A Garcia vorremmo ricordare che ha rilevato il Napoli scudettato e pieno di certezze tecniche o tattiche, non certo una squadra di scappati di casa. E il mercato lo hanno fatto per utilizzare chi gli hanno preso, non per tenerli come soprammobili in panchina. In poche settimane Garcia ha smontato le certezze del Napoli: squadra senza idee, senza gioco, improvvisata, come se fosse entrata nella macchina del tempo (non facciamo nomi, per ora) e fosse diventata la brutta copia di un altro Napoli. Garcia è riuscito a peggiorare Anguissa, a snaturare Lobotka, ad abbandonare Osimhen, a fare di Kvaratskhelia quasi un optional. E ci fermiamo qui, per carità di patria. Garcia ha un modo di spiegare le cose come se fosse il depositario della verità, come se le sue scelte fossero “divine”, come se non sbagliasse mai... Calma, gesso e umiltà. Il massimo dell’incomprensibile quando, dopo la partita di Marassi, ha parlato delle altre squadre che hanno perso o fatto male perché pensavano alla Champions. Quello sì il record mondiale di alibi, ma cosa c’entra? Garcia ha ancora tempo, ci mancherebbe, ma ricordi tre o quattro cose essenziali: allena il Napoli Campione d’Italia, il Napoli che era un cronometro svizzero di precisione e di eleganza, il Napoli che ragionava su ogni pallone senza improvvisare. A Garcia auguriamo di rimettere la chiesa al centro del villaggio del gioco, della tattica e della logica. Per ora l’ha scaraventato nello scantinato, si dia una mossa in tempi rapidi. Foto: Instagram Napoli