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Gazidis: “Ho vissuto il razzismo sulla mia pelle, il calcio ha gli strumenti per debellarlo. Al Milan…”

30.11.2019 | 11:26

gazidis milan

Ivan Gazidis, amministratore delegato del Milan, ha rilasciato un’intervista al Corriere dello Sport soffermandosi anche sul tema razzismo: “La lettera firmata da tutti i club di Serie A è un primo passo importante, ma c’è ancora tanto lavoro da fare. In Italia nell’ultimo anno sono successi tanti, troppi episodi di razzismo nei confronti dei calciatori. Era giusto dare un segnale forte e la Lega Serie A l’ha fatto, io credo che quando si prende coscienza di un problema si è già sulla buona strada. Si deve avere la consapevolezza che non è un problema solo italiano, ma mondiale. Bisogna capire che un percorso che il calcio italiano deve fare con i tifosi e non contro di loro: queste devono essere le premesse. Purtroppo il calcio riflette la società, ne abbiamo conferma tutti i giorni. Ma il calcio può diventare un modello di buona società, in ogni squadra abbiamo esempi fantastici di calciatori di etnia, estrazione, religione, colore della pelle e ideologie diverse. Vivono tutti i giorni insieme e lottano per lo stesso obiettivo, ogni differenza è preziosa perché arricchisce e porta un confronto. Se il calcio saprà usare le differenze per crescere, allora sarà un beneficio per tutti: per questo dico che il calcio può diventare un modello. Non dimentichiamoci mai che il calcio ti fa sempre sentire parte dello stesso mondo. Il calcio include, non esclude. E’ questa la sua grande forza. Al Milan ci teniamo che i nostri giocatori siano coscienti che un problema razzismo esiste ed è reale. Parliamo molto con loro, cerchiamo di trovare le soluzioni e di offrire loro un modello virtuoso di società. In Premier League molto è stato fatto in questi anni, ma il problema razzismo non è ancora stato risolto del tutto. Però in Inghilterra si è partiti da cose concrete. Gli stadi per esempio, devono essere funzionali e accoglienti; devono venire considerati come luoghi dove è bello passare un paio d’ore. Mi piace pensare a stadi con sempre più bambini e donne, dove c’è tranquillità e c’è rispetto reciproco, verso i giocatori e tifosi avversari. Poi è chiaro: la tecnologia è fondamentale per identificare e isolare chi non rispetta le regole, chi offende e insulta il giocatore di colore. Sono molto sensibile alla questione, anche perché il razzismo l’ho vissuto sulla mia pelle. Mio padre è stato tre anni in prigione: era un attivista e combatteva l’apartheid, è finito in prigione nello stesso periodo in cui c’era Nelson Mandela. Quando uscì la mia famiglia continuò a ricevere minacce e intimidazioni. Noi Gazidis siamo esuli, emigranti: quando ero piccolo ci siamo trasferiti nel Regno Unito proprio per sfuggire alle persecuzioni. So cosa significa il razzismo e oggi sono convinto che il calcio abbia gli strumenti per debellarlo”, ha chiuso Gazidis.

Foto: Twitter ufficiale Milan