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Gentile: “Ho perso la Figc perché non piegavo la testa. In Italia chi ha venduto le partite…”

16.11.2017 | 11:37

“E sono stato Gentile”, è da oggi in libreria l’autobiografia dell’ex terzino della Nazionale, campione del mondo nel 1982 ed ex ct dell’Under 21, Claudio Gentile. Tanti i temi trattati: il ritorno nella sua Libia, i ricordi degli anni passati alla Juve, il titolo vinto in Spagna. Vi proponiamo un estratto dal libro in cui Gentile racconta le vicende dell’estate 2006, quando perse l’opportunità di guidare la Juventus per aspettare una risposta dalla Federcalcio, che poi gli negò la conferma: “Battiamo 3-1 il Portogallo in semifinale e stravinciamo 3-0 la finale contro la Serbia-Montenegro. Gilardino con quattro gol è il capocannoniere e l’Italia Under 21 è di nuovo campione d’Europa, anche senza Cassano. Io, però, non cerco rivincite, lascio che siano gli altri a giudicare quello che ho fatto e come l’ho fatto. Subito dopo ci aspetta l’avventura ad Atene, perché secondo l’assurdo calendario si giocano nello stesso anno Europei e Olimpiadi. In più c’è il problema dei “fuoriquota”. Per coerenza e per gratitudine nei confronti dei miei ragazzi, che hanno appena vinto il titolo, io vorrei confermarli in blocco rinunciando ai tre consentiti. Ne parlo con Carraro e gli dico: “Presidente, si metta nei miei panni. Come faccio a lasciare a casa chi ha vinto, per chiamare al loro posto tre giocatori nuovi?”. “La capisco Gentile, ma se rinunciamo ai “fuoriquota” diamo a tutti l’impressione di snobbare le Olimpiadi, che invece sono un obiettivo molto importante per noi.” Come diceva Maurizio Ferrini a Quelli della notte di Renzo Arbore: “Non capisco, ma mi adeguo”. E così convoco Pelizzoli, Ferrari e Pirlo. Come se non bastasse l’incognita del reinserimento di questi tre “fuoriquota” nel gruppo, c’è il problema della preparazione perché dopo gli Europei i giocatori sono andati in vacanza. La squadra si può radunare soltanto l’1 agosto e il 12 c’è già la prima partita. La forma non può essere quella ideale, soprattutto se paragonata a quella delle Nazionali degli altri continenti che si stanno preparando da molte settimane. Pareggiamo all’esordio 2-2 con il Ghana, battiamo il Giappone e perdiamo con il Paraguay. Arriviamo comunque ai quarti e superiamo il Mali, ma in semifinale ci arrendiamo a una fortissima Argentina che va in vantaggio con un certo Tévez, non a caso capocannoniere del torneo. Mentre lo squadrone di Bielsa vince la medaglia d’oro trascinata da Mascherano, Saviola e dal nuovo fenomeno D’Alessandro, noi battiamo l’Iraq con un gol del solito Gilardino e conquistiamo la medaglia di bronzo. È un risultato straordinario, perché l’Italia del calcio non otteneva una medaglia alle Olimpiadi dal 1936, i tempi dell’oro con Vittorio Pozzo, e negli ultimi anni aveva rimediato soltanto figuracce. Proprio per questo, secondo me, il bronzo olimpico vale più di qualsiasi titolo europeo dell’Under 21. Eppure, quando ritorniamo in Italia e siamo ricevuti dal presidente della Repubblica Ciampi, i giocatori ottengono il premio di 40.000 euro dal Coni, mentre a me non viene riconosciuto alcun merito e mi viene addirittura negato il premio in denaro. Peccato, perché dopo il quarto posto al Mondiale in Argentina ero diventato “Cavaliere”, dopo il trionfo in Spagna ero diventato “Cavaliere Ufficiale” e dopo la medaglia di bronzo sognavo di diventare “Commendatore” per meriti sportivi. Un dispiacere in più. Ma che cosa devo fare? Mettermi a protestare perché non ricevo né titoli né premio? Decido di stare zitto, anche se quel dispetto non lo digerirò mai del tutto. Come sempre, mi rimbocco le maniche e riparto per preparare l’Europeo del 2006 in Portogallo, con nuovi giocatori. Proprio in Portogallo, nel frattempo, si è conclusa la carriera azzurra di Trapattoni. Al suo posto sulla panchina della Nazionale viene chiamato Lippi, altro ex juventino, a testimonianza della storica forza della società bianconera. E Lippi, appena arrivato, promuove subito titolari De Rossi e Gilardino, segno che ho seminato bene con la mia Under 21. Il nuovo c. t. mi telefona da Viareggio per spiegarmi i suoi programmi e io gli offro la mia piena collaborazione, come avevo già fatto in precedenza con Tardelli e Trapattoni. Lippi mi convoca d’estate nella sua casa di Viareggio e mi parla dei giocatori che vorrebbe chiamare, chiedendomi un parere. Lui mi fa qualche nome, ma io non voglio interferire nelle scelte e non do giudizi. “Sei tu il c. t., scegli liberamente.” Poi fa le prime convocazioni e sceglie anche un giocatore di cui non mi aveva nemmeno parlato, perciò mi viene il sospetto che mi abbia voluto incontrare per verificare se riferivo le sue idee ai giornalisti. Ovviamente io non dico niente a nessuno, ma da quel momento non lo sento più. Sparito. Lui non telefona a me, io non telefono a lui. Vado avanti per la mia strada, con nuovi giocatori, tra cui Chiellini in difesa, Palladino e Rolando Bianchi in attacco. La squadra è buona, ma alla fase finale in Portogallo non andiamo al di là del girone: pareggiamo 3-3 con la Danimarca, battiamo 1-0 l’Ucraina e poi perdiamo con l’Olanda che vincerà il titolo. E siamo fuori. Anche se il mio contratto è in scadenza, spero di rimanere perché il lavoro è stato buono e un’eliminazione contro la squadra più forte non può cancellare né il titolo europeo di due anni prima né soprattutto la medaglia di bronzo alle Olimpiadi. Guardo in tv il Mondiale del 2006 in Germania mentre infuria lo scandalo di Calciopoli, con la Juventus nel mirino. E quando a metà giugno si capisce che Capello potrebbe lasciare la società bianconera, mi arriva una telefonata inattesa di Boniperti, il mio vecchio e caro presidente che evidentemente continua a stimarmi. “Claudio, come sei messo con la Federazione? Se sei libero, ci sarebbe una possibilità qui da noi…”. La Juventus che mi offre la panchina della prima squadra? Da non crederci! Rimango un attimo in silenzio, prima di dire: “La ringrazio presidente. Per la verità il mio contratto con la Federazione scade a fine mese, il 30 giugno. Ma prima di darle una risposta, che per me è già sì, per correttezza preferisco parlare con i dirigenti federali. Lei mi conosce e sa come sono fatto”. “Capisco Claudio, proprio perché ti conosco. Allora aspetto una tua risposta, fammi sapere”. La Juventus è sempre la Juventus, in serie A o in serie B, dove rischia di finire, ma io mi sento in debito con la Federazione che mi ha offerto la possibilità di diventare allenatore, anche se nel frattempo Nizzola non c’è più. E poi la maglia azzurra dell’Under 21 ha il suo fascino. Mi sono trovato bene con tutti e non vorrei mancare di riconoscenza nei confronti di chi mi ha dato fiducia soltanto perché mi chiama un’altra società, sebbene questa società sia la Juventus. Per me è una questione di rispetto e correttezza, valori che mi hanno sempre guidato nella mia carriera. Visto che Carraro ha appena dato le dimissioni, telefono ad Abete, che si trova in Germania come capodelegazione della Nazionale: “Presidente, volevo dirle che ho ricevuto una proposta da una società, mi dica lei che cosa devo fare”. “Mi lasci qualche giorno, Gentile, poi le faccio sapere”. Nel frattempo l’Italia va avanti al Mondiale e all’inizio di luglio mi telefona Demetrio Albertini, da poco nominato vicecommissario straordinario della Federcalcio e braccio destro del commissario straordinario Guido Rossi: “Tranquillo, Claudio, appena torniamo in Italia mettiamo a posto tutto.” Mi fido e allora, pensando che la conferma sia soltanto una questione formale, chiamo Boniperti: “Presidente, mi spiace, ma mi hanno fatto capire che mi rinnovano il contratto e io non me la sento di abbandonare chi mi ha dato fiducia. Mi sembrerebbe di dargli un calcio in faccia”. “Certo, Claudio, in bocca al lupo allora”. Purtroppo, però, il tempo passa e non succede niente. La Nazionale vince il Mondiale e Guido Rossi, il 18 luglio, convoca una conferenza stampa a Roma per presentare il nuovo c. t. Donadoni. Rimango sorpreso, anche perché circolava il mio nome come possibile successore di Lippi, dopo le sue dimissioni. Bearzot, in un’intervista alla “Gazzetta” aveva dichiarato che io sarei stato il c. t. ideale, dopo la felice esperienza nell’Under 21, e io ci avevo fatto un pensierino, lo confesso. Tra le tante domande che vengono poste al commissario della Federcalcio ce n’è una che riguarda me. Un giornalista gli chiede quale incarico avrà Gentile. Guido Rossi risponde che in settimana dovrebbe essere formalizzato il mio rinnovo contrattuale per guidare l’Under 21, e la registrazione di quella dichiarazione è in un dvd che conserverò gelosamente. Un paio di giorni dopo, però, mi telefona proprio Guido Rossi: “Gentile, le comunico che lei non è più l’allenatore dell’Under 21. Purtroppo è stata presa questa decisione”. Trenta secondi, non uno di più, per liquidarmi. E allora io vado su tutte le furie: “Così, oltre a togliermi l’Under, mi avete negato anche la possibilità di guidare una squadra di club, perché ormai hanno tutti un allenatore. Si rende conto del danno che mi avete fatto?”. Capisco dalla risposta del commissario che la decisione non è stata sua, ma di altri. Il giorno dopo mi rivolgo a Renzo Ulivieri, presidente dell’Associazione Allenatori: “Senta, Ulivieri, il sindacato è disposto a difendermi nei confronti della Federazione?”. Lui, però, mi gela così: “Perché, non sei più all’Under 21?”. Rimango senza parole. Ma come? Il presidente degli allenatori e consigliere federale non sa quello che hanno detto e scritto televisioni e giornali in tutti questi giorni?n Morale: per un eccesso di riconoscenza e correttezza, che altri sicuramente non avrebbero avuto, perdo la possibilità di allenare non una squadra qualsiasi, ma la Juventus, la mia vecchia e amatissima Juventus. Il danno e la beffa, insomma, perché rimango anche senza panchina. Il 24 luglio viene annunciato che il mio posto sarà preso da Pierluigi Casiraghi. Una batosta tremenda a livello psicologico, peggio che perdere una finale. Mi sento distrutto umanamente e professionalmente e allora, dopo due anni in cui non succede niente, decido di fare causa alla Federazione, presentando come prova il dvd con le parole del commissario Guido Rossi. Con questa mossa, però, mi metto definitivamente in fuorigioco. Guarda caso, infatti, nessuno mi cerca più in Italia, come se non avessi fatto niente con l’Under 21. Mi arriva soltanto qualche offerta dall’estero… ma perché dovrei andare via? Io voglio allenare qui, penso di avere le qualità e i meriti per farlo”.

Foto: zonacanale