Gravina: “Obiettivo vincere i Mondiali 2026? Intanto qualifichiamoci”

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Gabriele Gravina, presidente della FIGC, ha parlagto a margine di un evento organizzato dal Corriere della Sera, dove ovviamente si è anche discusso sugli imminenti Mondiali in Qatar, che vedranno l'Italia assister sul divano alla manifestazione. Queste le sue parole: "Non andremo ai Mondiali per una legge fondamentale dello sport, c'è la vittoria ma c'è anche la sconfitta. Purtroppo abbiamo avuto coincidenze negative, sbagliando due calci di rigore che ci hanno penalizzato, ma sempre ai rigori abbiamo vinto il titolo europeo. A prescindere dal risultato, mancata qualificazione mondiale o vittoria europea, abbiamo l'esigenza di investire moltissimo in due asset fondamentali: strutture e settori giovanili. Mi sembra che già ieri, seguendo un po' le immagini che sono del cambio di filosofia, devo dire che c'è un orientamento nuovo. Se il futuro sia roseo o meno non lo so, ma abbiamo voglia di impegnarci in questa direzione. Per questo devo ringraziare la Lega di A e la Lega B, il futuro per i Mondiali 2026 non lo so ma l'impegno sarà tanto e tale che… Lo vinceremo? Pensiamo intanto ad andarci". Come si esce dalle difficoltà a livello economico? "L'indebitamento è una criticità endemica nella storia del calcio. Abbiamo una produzione di disequilibrio tra ricavi e costi. Siamo arrivati ad un rapporto altissimo tra costo della produzione e valore del lavoro, il mondo del calcio oggi non ha patrimonio. C'è mancanza di finanza e dobbiamo agire anche in questa direzione, grazie ad alcuni spot di società che ottengono risultati sportivi altamente significativi pur avendo ridotto il costo del lavoro. Oggi mi hanno ufficializzato la possibilità di ospitare l'Europeo 2032, un evento che potrà aiutare lo sviluppo infrastrutturale. Dobbiamo investire molto a livello giovanile, forse dobbiamo fare qualcosa sulla famosa lista dei 25 o comunque fare capire che l'obbligo di utilizzare i giovani serve a scoprire una vocazione. Tutto questo richiede una rivisitazione per incrementare i ricavi, dobbiamo valorizzare il brand e renderlo appetibile". Sulla riforma a che punto siamo? "Io parlo di riforma e rivoluzione culturale del calcio. Certo, le infrastrutture sono fondamentali, il patrimonio giovanile idem. Però la riforma del calcio italiano passa anche attraverso coinvolgimento e confronto costante e continuo. Io presiedo la commissione UEFA sulle licenze: abbiamo avuto un confronto con la Unione Europea, non c'è possibilità per il tetto salariale. Ma la Bosman ha un impatto sulle nostre società che è pesantissimo. Io non posso il terrore dei club coi contratti in scadenza: devi alzare i salari ed è un cane che si morde la coda. Ma è una strada non più percorribile. Ci sono tante modalità a livello di diritto per affrontare il tema, è un intervento da aggiungere. Quando si parla di riforma dei campionati, che è un piccolo spaccato della riforma del calcio italiano, molti pensano che il confronto sia professionismo-dilettantismo. Ma vi sembra normale che le leggi che disciplinano il professionismo siano identiche per il Napoli primo in classifica o il Picerno o l'Andria, una società magari ultima in classifica in Serie C? Secondo me bisogna ripensare questo aspetto. Provate a immaginare un professionismo ridotto ad A e B: abbiamo già ridotto lo spettro del professionismo, senza toccare il numero delle squadre". Foto: twitter FIGC