Finalmente. Tre gol tutti insieme. E la stellina Ibarbo ha rubato la scena, vestendo alla perfezione i panni del grande assente Sau. Victor è così, imprevedibile. Nel silenzio di Is Arenas (si giocava a porte chiuse per l'ennesima volta nell'impianto di Quartu Sant'Elena), il 22enne colombiano ha impresso a fuoco il suo marchio sul match contro la Sampdoria: uno-due-tre-stella e il pallone sotto il braccio. Come trofeo da conservare e coccolare. Perchè in novanta minuti ha eguagliato il numero di gol realizzati l'anno scorso in 40 apparizioni tra campionato e Coppa Italia. Già, qualcosa stona. E' il calcio, semplicemente la magia del calcio. Imprevedibile come lui. La sua qualità maggiore è la corsa, accompagnata dalla capacità di saper saltare l'uomo. Ma Ibarbo ha sempre dato l'impressione di essere "ingabbiato" in un ruolo definito, magari largo a destra, negli schemi tattici di Pulga. Arriva in Italia dall’Atletico Nacional con la nomea del fenomeno: Cellino è convinto di aver fatto il colpaccio, di aver strappato alla concorrenza dell'Udinese il nuovo Suazo. Victor parte subito alla grande: corsa da velocista e razzi sotto la suola, roba da far impallidire Bolt. Deve solo imparare a non guardare il pallone quando ha la sfera tra i piedi: concetti che insegnano ai Pulcini. Alto e longilineo, piede discreto, scatta e brucia l'erbetta di Assemini. Spesso però il campo finisce, a tratti sembra un parente lontano di Edgar Alvarez, esterno portato in Serie A proprio dal Cagliari che ha vissuto gli anni migliori nel Bari di Ventura (pure una parentesi incolore nella Roma). Ibarbo invece vuole scrivere un'altra storia, ha dimostrato che oltre alla corsa c’è di più. Si, il diamante grezzo sta nella fase più delicata del processo di maturazione. La carta d’identità è dalla sua parte. Si è sbloccato, ha gli occhi addosso. Sta a lui dimostrare che questa tripletta non è un lampo nel deserto.