Ibra: “Non volevo lasciare il Milan, ma mi spedirono al PSG. Il vero Ronaldo è solo il brasiliano”
05.12.2019 | 13:19
Non si parla solo di calciomercato nella lunga intervista concessa da Zlatan Ibrahimovic a GQ. Il campione svedese, dopo aver rivelato che sarà “presto in Italia“, ha ricordato anche un famoso match tra Juventus e Inter che lo vide protagonista con la maglia bianconera: “Ero alla Juve e giocavo contro l’Inter. Materazzi mi fa un’entrata assassina e mi fa male. Come calciatore era cattivo. Ci sta, ma ci sono due modi per giocare da cattivo, uno è per farti male. Anche Maldini, per dire, giocava da cattivo, ma con un altro obiettivo. Quindi, era Juve-Inter 2006, dopo il fallo vado fuori un attimo per curarmi e Capello mi fa: “Ti cambio”. E io dico: “No, entro”. Volevo tornare in campo solo per ripagare Matrix, perché se uno mi fa una cosa così non mi passa più dalla mente. Ma dopo due minuti ho troppo dolore, non riesco a giocare. Poi vado all’Inter, al Barcellona, al Milan. Nella prima partita, il derby 2010-11, sono tutti contro di me. Va bene, questo mi carica. Però se non hai il controllo non va bene, perché perdi la testa e fai qualcosa di stupido. Arrivo al rigore, e chi mi ha fatto fallo? Materazzi. Nel secondo tempo Matrix mi carica e gli faccio una mossa di Taekwondo. L’ho mandato in ospedale. Stankovic mi dice: “Perché lo hai fatto, Ibra?” E io gli rispondo: “Ho aspettato questo momento per quattro anni. Ecco perché“.
Cristiano Ronaldo
“In Italia ritroverò il vero Ronaldo? Macché, quello è solo il brasiliano”.
Addio al Milan
“La vecchia società era grande. Galliani per me era bravissimo, un dirigente fantastico. Faceva tutto per la squadra, però aveva anche molta disciplina. Quando non gli piaceva qualcosa lo diceva in faccia a tutti e quando andava tutto bene ti dava credito. Dopo due anni gli ho detto: “Galliani, non voglio andare via, sto bene al Milan”. Finché, ero al mare, sul cellulare ho visto cinque chiamate perse di fila in 30 secondi, e lì capisci che qualcosa non va. Chiamo Mino Raiola e mi comunicano che mi spedivano al PSG”.
Il rapporto con Capello
“Ero un attaccante anche prima, ma non così bravo. Capello mi ha insegnato tanto. Mi diceva: “Tu lavori per fare i gol. E devi aiutare la squadra a fare i gol. Le altre cose non contano, mi serve solo che segni”. E mi spingeva. Tutti i giorni, dopo l’allenamento, mi metteva davanti alla porta con 5 o 6 difensori e per un’ora si andava avanti a cross e testate. E poi sono diventato quello che sono, e dalla Juventus sono andato all’Inter dove ho avuto una grande responsabilità, perché volevano vincere e avevano bisogno del mio aiuto”.
Foto: Kick Off