Il calcio italiano e un approccio da ribaltare: centralità al gioco e spazio a chi l’ha capito
Mariapia Veladiano, nel suo contributo per “
Dialogo tra credenti e non credenti”, sostiene che “
i tentativi di chiudere il cerchio del male dentro un confine concettuale hanno portato a risultati impronunciabili”. Contestualizzando il pensiero, riteniamo corretto sottolineare come la disputa creatasi negli ultimi giorni attorno al calcio italiano non conosca una panacea né rimedi immediati. Detto ciò, informare vuol dire anche argomentare, motivo per il quale accettiamo la logica del compromesso e tentiamo di snocciolare uno dei vari temi sollevati, ovvero l’arretratezza tattica del nostro movimento. La lacuna è innanzitutto culturale: l’Italia è storicamente sottomessa all’ideologia e alla narrazione che ne hanno accompagnato i decenni. Nel Paese del catenaccio, della difesa prima dell’offesa e del calcio belligerante, l’evoluzione tattica e cognitiva non è stata percepita né tantomeno assorbita. All’estero i club hanno aperto le proprie menti a una preparazione più profonda riguardante la complessità nel calcio.
Complessità, espressione con la quale vogliamo racchiudere il protagonismo in campo, l’attenzione alla coralità, la profondità nell’analisi delle situazioni e del rapporto tra il gioco e il giocatore, dove il primo permette al secondo di migliorare. Fuori dalle nostre frontiere si attacca bene per difendere bene e viceversa. I calciatori sanno di poter e dover incidere con e senza palla. L’Italia dei club è totalmente stantia e vetusta? La risposta è no. Ci sono formatori nei settori giovanili che studiano e adottano approcci multi-disciplinari, necessari per trattare il calcio non solo come calcio (altro nostro limite), così come allenatori di prime squadre che credono nell’organizzazione non come prigione –
credo miope dei pretoriani di concetti oramai anacronistici – bensì come strumento per crescere, convincere e vincere. Sarri ha plasmato una squadra (il
suo Napoli) iconica, così come Gasperini ha mostrato l'europeizzazione dell'Atalanta. Italiano e Dionisi mescolano idee corali e creatività dei singoli. Altri (ma non tutti) interpreti di questa filosofia: Andreazzoli, Alvini con il Perugia, il Venezia 2020/2021 di Zanetti. Professionisti che formano compagini propositive, coraggiose e consapevoli, i quali andrebbero trattati come guide e non come eccezioni. È (anche) da questo che il nostro movimento dovrà ripartire. Foto: Twitter Fiorentina