Il Conte Max è stato un capolavoro del 1957, diretto da Vittorio De Sica con Alberto Sordi. Noi scindiamo, siamo per la scissione: il Conte e il Max. Da Antonio ad Allegri, sono gli allenatori del momento, quelli più celebrati, forse quelli più invidiati, sulla panchina dei club tra i più ambiti. Il Conte e il Max, storia di una stagione che può diventare leggendaria per entrambi e che può anche condizionare (non poco) le scelte di mercato.
Il Conte si chiama Antonio, lo avevano scelto per mettere su una squadra (il Chelsea) reduce da rovesci inenarrabili e sull'orlo - oltre l'orlo - di una crisi di nervi. Non gli avevano chiesto obbligatoriamente di vincere, ma quantomeno di provarci e di cancellare gli obbrobri del passato. Ma lui, sapete bene com'è fatto, non si accontenta di un posto in Champions, si accende al semplice respiro, vuole il massimo da tutti, persino da chi aveva preparato valigia e trolley cambiando idea al suo arrivo. Abramovic ha fatto un mercato normale, non faraonico, il valore aggiunto era in panchina. Esattamente come il primo anno di Juve: bisognava rifondare, vinse. Per Guardiola, non uno qualsiasi, stiamo parlando del migliore in circolazione: se lo dice Pep bisogna memorizzare e farsene una ragione. Di sicuro il percorso recente di Conte è da urlo: ha rialzato la Juve, ha dato un senso alla Nazionale, ha messo il Chelsea in corsia di sorpasso quando l'abitudine era ormai quella di restare ai box. Adesso, diciamo la verità, sarebbe una mezza follia andarsene perché il suo capo, quando l'aritmetica gli consentirà di festeggiare a Piccadilly e dintorni, gli metterà a disposizione tutto. Budget di mercato compreso. Sarebbe sorprendente il contrario e poi - diciamo la verità - ormai Antonio è pronto per un altro salto verso la gloria, magari in Spagna. Per quale motivo dovrebbe tornare in Italia e ripartire da zero? Per i soldi? Magari un giorno lo farà, il richiamo della famiglia resta, oggi c'è la voglia e la necessità di capitalizzare al massimo questo momento di estrema felicità.
Max è Allegri, rilevò la Juve dal Conte e la sta trascinando verso il sesto scudetto consecutivo, la leggenda abita lì. Ogni tanto deve vedersela con qualche censore che mette becco sul piano tattico: se è vero che l'esibizione di Napoli (in campionato) non è stata il massimo della vita, è anche vero che dargli del catenacciaro non è certamente una cosa buona e giusta. Siccome conta vincere, il catenaccio evidentemente deve essere d'oro e di platino. Mal digerito fin dalle prime ore in bianconero (luglio 2014) da buona parte dei tifosi che adoravano il suo predecessore, il signor Allegri ha risposto con i fatti a mille chiacchiere e diecimila interpretazioni. Tutto questo in un mondo popolato da qualche allenatore che vende fumo e da qualche altro che è diventato opinionista radio-tv e si permette di fare il fenomeno quando in panchina era un mezzo brocco. Ora, giustamente, la Juve lascia ad Allegri la palla per il futuro. E il diretto interessato sa che sarebbe molto complicato trovare una soluzione migliore di quella attuale. Chi garantirebbe davvero carta bianca e mercato a grandi livelli? Ecco perché Allegri dice di voler restare e non sembrano parole di circostanza. Perché Allegri con le parole non fa danno, contrariamente a Spalletti e a chi non sa distinguere l'importanza del campo rispetto a una conferenza stampa.
Il Conte e il Max: imbattibile il mady in Italy della panchina, marchio di fabbrica anche da esportazione. Siccome la tattica e la gestione di un gruppo sono cose serissime, il Conte e il Max potrebbero fare trattati.
Foto: siti ufficiali Chelsea-Juventus