I giornalisti si dividono in tre categorie:
quelli che hanno le notizie e le danno;
quelli che hanno le notizie e non le danno;
quelli la cui ultima notizia certa è il certificato di nascita prodotto all'ufficio anagrafe dai propri genitori
appartiene di diritto alla prima categoria, sempre più rara e, per questo, sempre più unica.
Se non fosse per un insuperabile limite imposto dalla natura umana che non contempla l'ubiquità, in un giornale di carta Pedullà sarebbe al tempo stesso l'estensore dei pezzi, colui che li passa in pagina e il capo della tipografia che dà alle stampe.
In tv, se potesse farebbe simultaneamente l'opinionista, il conduttore, il regista e anche il tecnico del suono.
In Rete potrebbe mettere on line un sito. Appunto.
La domanda da porsi non è se avrà successo. La domanda è: perché non l'ha fatto prima. La risposta è semplice: aveva troppe cose da fare.
Pedullà è un'autentica macchina da guerra del giornalismo sportivo italiano, sezione calciomercato, la più ostica da frequentare.
Non bisogna prendere per i fondelli il lettore, non bisogna lanciare bombe perché spesso si trasformano in boomerang, non bisogna sparare panzane.
Bisogna essere seri, attendibili, autorevoli, come questo stakanovista signore calabrese capace di arrivare spesso prima della concorrenza perché insegna il mestiere alla generazione del copia e incolla, ai mostri partoriti dalla tv, a quelli che si riempiono la bocca di top player e di titolarissimi e non conoscono l'italiano, a quelli per i quali il congiuntivo è una malattia dell'occhio e una notizia è tale solo se la scrivono in quaranta e tutti allo stesso modo.
Pedullà è un cane sciolto: non lavora in pool, non propala veline, ha il gusto della sfida che si rinnova ogni giorno per arrivare primo sulla notizia. E quando si piazza secondo, non vede l'ora di ripartire per guadagnare una posizione.
Vincerà anche questa partita. La sua.
Xavier Jacobelli
Direttore Editoriale