Ultimo aggiornamento: giovedi' 19 dicembre 2024 10:43

Il provocatore: “Conte nostalgia canaglia? Milan destinazione naturale”

25.09.2017 | 23:45

Il calcio, si sa, non è una scienza esatta. A volte però 2+2 può fare 4 anche in questo magnifico circo. Il nostro Jody Colletti, all’interno di questo spazio, prova a tratteggiare scenari di vario tipo, ma sempre al limite della provocazionePensieri in libertà.

“Nostalgia, nostalgia canaglia che ti prende proprio quando non vuoi, ti ritrovi con un cuore di paglia, è un incendio che non spegni mai”, così cantavano Al Bano e Romina trent’anni fa. Terzo posto nel Sanremo 1987 con la hit “Nostalgia canaglia”, alle spalle dei vincitori annunciati Morandi-Tozzi-Ruggeri e dell’eterno secondo Toto Cutugno, in confronto Hector Cuper andrebbe bollato come un pivellino fortunato. Oggi abbiamo registrato le dichiarazioni di Antonio Conte, parole chiarissime sintetizzabili così: “Non resterò a lungo all’estero, l’Italia mi manca”. Insomma, l’attuale allenatore del Chelsea nulla ha fatto per nascondere la sua saudade, esternando sostanzialmente la voglia di tornare in Italia in un futuro non troppo lontano. Ad allenare, per un ruolo diverso – come paventato dal diretto interessato – ci sarà tempo. Qualche mese fa poteva andare all’Inter, Suning gli avrebbe fatto ponti d’oro, ma con il senno di poi è stato meglio così: ad un tecnico come lui sarebbe stato difficile successivamente spiegare la stretta imposta dal governo cinese, magari non si sarebbe accontentato di rivalutare il capitale umano – come sta facendo Spalletti, alla grande – al di là dei pochi innesti mirati.

Reduce dalla vittoria della Premier League al primo colpo, con un organico che ricalcava quello che Mourinho aveva lasciato a un punto dalla zona retrocessione prima di passare il testimone a Hiddink che avrebbe poi centrato il decimo posto, don Antonio in estate ha sbattuto un po’ i piedi, alla fine però dal mercato sono arrivati elementi come Morata, Bakayoko, Drinkwater, Rudiger e Zappacosta per un totale di circa 220 milioni, più o meno gli stessi investiti dal nuovo Milan, il club che – a parere di chi scrive – oggi sembra essere la destinazione naturale del condottiero salentino, altro che sogno o sorpresa. Attenzione, non è un banalissimo 2 più 2 determinato dall’attuale situazione vissuta da Montella, travolto dalle critiche dopo la brutta sconfitta di Genova, la seconda in sei sfide di campionato. Parliamoci chiaramente: l’ex Aeroplanino, tra i dubbi sul modulo e l’esigenza di coinvolgere certi pezzi da 90, sin qui non ha dato un’identità definita alla squadra, verissimo. Ma è altrettanto vero che tutti sapevamo che il suo sarebbe stato il compito più difficile, dal momento che per trovare la quadra, amalgamando 7-8 undicesimi nuovi di zecca, serve tempo. Un tempo che però stride con l’esigenza di non perdere contatto con le altissime sfere della classifica. Mancare la qualificazione alla prossima Champions, dopo un mercato così dispendioso, sarebbe un disastro. Il punto è un altro: Montella non è un uomo di Fassone e Mirabelli, fu Galliani a portarlo a Milanello e il nuovo stato maggiore ha deciso di lasciarlo al proprio posto, uno dei pochi a “salvarsi” dalla profonda rivisitazione che ha toccato quasi tutte le posizioni chiave del Diavolo. Una decisione popolare e logica, se vogliamo, quella di dare continuità alla guida tecnica. Senza pensare a quanto affilati sarebbero stati gli strali, se a balbettare ad inizio stagione fosse stato un allenatore scelto al 100% dal nuovo management. Ora, è chiaro per tutti che il profilo di Conte sarebbe stato l’ideale da subito: chi meglio di lui per una ricostruzione ambiziosa finalizzata all’apertura di un nuovo ciclo vincente? Lo aveva già fatto alla Juve e al Chelsea, senza dimenticare la sua splendida Nazionale operaia fermatasi sul dischetto a Euro 2016. Capace come nessuno, don Antonio, nel tirar fuori il 110% da ognuno dei suoi soldati, martellati a dovere dal primo allenamento della settimana al triplice fischio del weekend. Il cuore oltre l’ostacolo, la difesa a tre come diktat indefettibile, meglio se con un regista arretrato dai piedi buoni per iniziare a costruire l’azione. Uno alla Bonucci, per intenderci. Ad ogni modo, per quest’anno l’ex ct azzurro si cimenterà sul doppio fronte, proverà a fare più strada possibile in Champions (la sedia del ristorante da 100 euro è comoda) ed a rivincere la Premier, con la concorrenza primaria delle due di Manchester. Ma la sensazione è che difficilmente onorerà il contratto fino al 2019 sottoscritto con Abramovich appena un paio di mesi fa, delle dichiarazioni odierne infatti ha sorpreso più che altro la tempistica. A proposito, il Milan al momento è una delle due italiane (l’altra è la sua ex Juve) che non avrebbe particolari problemi a riconoscere a Conte un ingaggio vicino a quello che allo stato attuale percepisce a Londra. Non a caso il più pagato della Serie A, considerando i bonus, è il “suo” Bonucci. Un dettaglio? Forse no.

Jody Colletti – Twitter @JodyColletti

 

Foto: Metro