JACOPO SALA, VIAGGIATORE SFORTUNATO
13.01.2015 | 13:03
Quando si scrive Jacopo Sala su Google, il motore di ricerca suggerisce la parola “infortunio”: questo dato spiega, grossomodo, quale sia stato il fattore ricorrente della carriera del giocatore del Verona. Le sue sfortune, come la sua carriera, cominciano da giovanissimo: nel 2007, a soli 15 anni, il Chelsea lo nota mentre è ancora un allievo nel centro di Zingonia, a Bergamo. Sala, è un dei tanti esempi di fuga di cervelli (e di piedi, ovviamente): il contratto che gli offrono i Blues, pur essende da semi-professionista, è già di tutto rispetto ed è molto difficile dire di no. Dermont Drummy, allenatore delle giovanili del Chelsea, lo accoglie nel modo migliore e lo fa diventare titolare fisso della squadra che si aggiudicherà la FA Youth Cup nel 2010. Contemporaneamente, Ancelotti lo nota e lo porta in prima squadra: ci prova Carletto, vuole farlo esordire a tutti i costi, riesce anche a farlo sedere in panchina nel match che dà il titolo alla prima squadra contro il Blackburn, ma niente, una serie di infortuni, tutti di lieve entità ma con una costanza da nuvola fantozziana, gli impediscono di fare il grande passo, almeno in Inghilterra. L’anno successivo infatti passa all’Amburgo, dove oltre ad essere ricordato per aver scritto il suo nome in infermeria più di tutti, alle voci “strappo muscolare”, “rottura della fibra muscolare” e “lacerazione del legamento esterno”, segna un gol memorabile contro il Bayern Monaco. “Quando ho visto la palla entrare sono esploso di gioia”, ha commentato dopo la partita, “mi sono venuti ad abbracciare tutti i compagni, è stata un’emozione veramente grande. Il tecnico mi ha chiesto grande sacrificio e di stare attento a Ribery. Dopo il gol ho cercato di mantenere la calma e di eseguire i dettami tattici dell’allenatore. La maglia? L’ho tenuta io, la porterò a casa e la appenderò al muro”. In quella stessa occasione, indicò i suoi modelli: Pires e Donadoni. Di quest’ultimo ha davvero tanto: duttilità, senso tattico, dribbling ubriacante. Sono le caratteristiche che gli permettono di avere una nuova opportunità, anche dopo i tanti infortuni ad Amburgo. Nel 2013 infatti arriva al Verona, pur senza il trambusto generato invece da Toni e Iturbe, e in sordina si rimette a lavorare, guadagnandosi la stima di Mandorlini. Il tecnico veronese lo vede anche come una mezz’ala: questo gli consente da un lato di poter essere impiegato in più ruoli, ma dall’altro di dover competere con l’esplosione di Romulo e la sicurezza di Donati. Il primo gol nella massima serie italiana arriva contro la Fiorentina, lo scorso 13 Aprile, sugli sviluppi di un calcio d’angolo. Quest’anno, ovviamente, l’ennesimo infortunio muscolare, che lo ha tenuto lontano dal campo fino agli inizi di gennaio: la rinascita domenica scorsa, contro il Parma, quando sul tabellino dei marcatori, oltre ai nomi di Toni e Valoti, c’era il suo. Quell’abbraccio a Toni, una liberazione più che un esultanza, ad un fratello maggiore più che ad un compagno di squadra. Che chissà, potrà consigliare al giovane come arrivare alla Juventus, il club per cui tifa da bambino. Nel frattempo, ha già realizzato un altro sogno, nel 2012: per lui giocare con gli azzurrini era un traguardo fin da quando ha lasciato l’Italia. Il suo esordio, avvenuto contro l’Olanda, è stato bagnato da una vittoria. Esordio bagnato, esordio fortunato: ovviamente non diteglielo, che con la fortuna, il nostro Jacopo, ha un conto aperto.