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JIMMY HASSELBAINK E LA NUOVA SFIDA QPR

05.12.2015 | 11:10

Magari adesso i più nostalgici staranno pensando: “Sembra ieri che la metteva dentro, e ora dovrei abituarmi a vederlo in panchina?”. In panchina sì, ma non come riserva. Perché Jimmy Floyd Hasselbaink è il nuovo allenatore del Qpr. Il suo (scontato) compito è sotto gli occhi di tutti: cercare di riportare il prima possibile la squadra in Premier League. La situazione attuale non è delle più rosee: 26 punti in 19 partite di Championship, con la zona playoff non molto distante ma con un rendimento certamente al di sotto delle aspettative. Anche se il recentissimo periodo sorride: due successi di fila e di misura contro Leeds e Reading, un altro nel mirino, quello di sabato prossimo in casa contro il Burnley, diretta concorrente per un posto nelle zone altissime della classifica. E, con un allenatore così, pensare di incrementare anche il bottino di gol segnati è quantomeno lecito, grazie soprattutto ai consigli che l’olandese potrà dare ai tasselli del proprio reparto offensivo. Nelle ultime cinque gare il Qpr ha messo a segno appena due reti. Lui no, non era affatto abituato a questa media deludente. Ma tra i compiti di primaria importanza per cui è chiamato a mettere una pezza c’è anche la questione difesa, perforata in ben 25 occasioni (tra le peggiori del torneo). Quando il bilancio tra gol fatti e gol subiti è in passivo, non è mai un dato positivo, specie se si hanno ambizioni di promozione. Ora Jimmy è lì, pronto a svelare tutti i segreti custoditi e accumulati nella sua ventennale esperienza da bomber implacabile.


Prima del Qpr, Hasselbaink aveva già assaggiato l’atmosfera di chi sta “dall’altra parte”. Un anno all’Anversa (seconda divisione belga), una seconda stagione al Burton Albion (terza divisione inglese). Insomma, le classiche squadre da gavetta. Risultati non eccezionali ma nemmeno così malvagi, e il salto di livello in Championship ne è la prova schiacciante. Se Jimmy riuscirà a sbancare anche come guida tecnica, solo il tempo potrà dirlo. Noi intanto non possiamo non celebrare ancora una volta quelle che erano le sue caratteristiche quando era chiamato a imbucarla in tutti i modi possibili. E ci riusciva, eccome se ci riusciva. Dopo le iniziali esperienze con Az Alkmaar Campomaiorense, la prima svolta della sua carriera arriva in Portogallo, esattamente con la maglia del Boavista. 20 gol in 29 presenze e conquista della Coppa nazionale. Un inizio col botto in un campionato di tutto rispetto che gli vale la prima tappa inglese, con destinazione Leeds. Cambiano i fattori, non cambia il risultato: nel suo biennio d’oro d’Oltremanica mette a referto 34 marcature in 69 apparizioni, conquistando addirittura nel 1999 il suo primo titolo di capocannoniere della Premier League (18 centri), a pari merito con gente del calibro di Owen e Yorke, un record che vale il quarto posto per la sua squadra. Ormai fa gola a tutti e ad aggiudicarselo è l’Atletico Madrid per 12 milioni di sterline. Un ingaggio poderoso, così come la sua stazza, ma poi rivelatosi inutile: nonostante gli incredibili 24 gol in 32 presenze, i Colchoneros retrocederanno l’estate successiva. La B spagnola non può che stare strettissima a un bomber di razza come lui, così ecco che inizia l’appassionante storia d’amore con il Chelsea, l’autentico culmine della sua esperienza da calciatore: 69 volte in rete in 4 stagioni, un altro titolo di capocannoniere (al primo anno, 23 bellezze) e la Community Shield del 2000. 180 centimetri di altezza, ma in campo era come se ne avesse almeno 20 in più: stacco imperioso, agilità, il classico attaccante d’area di rigore che andava molto di moda negli anni tra la fine dello scorso e l’inizio del nuovo millennio. Middlesbrough, Charlton e Cardiff a chiudere un cerchio pallonaro di tutto rispetto e che purtroppo non gli ha regalato abbastanza trofei. Ora in panchina, per la (poca) gioia dei nostalgici. Che, sicuramente, preferirebbero vederlo riallacciarsi le scarpette per gonfiare di nuovo le reti avversarie…


Foto: Qpr on Twitter