JOAO MARIO, JOAO INTER
27.08.2016 | 09:25
Un entusiasmo così in casa Inter non si riscontrava dalla primavera del 2010, da quando la formidabile squadra di José Mourinho riuscì a coronare il sogno Triplete. No, il calcio giocato non c’entra, ma da anni anche il mercato è in grado di appassionare e regalare emozioni ai tifosi, in generale ad ogni latitudine. A maggior ragione a quelli nerazzurri, che finalmente nutrono fondate speranze di rinverdire i fasti del passato. Già, perché ieri la Beneamata ha fatto realmente le cose in grande, facendo materializzare in un sol colpo le sagome dei due colpacci negli aeroporti cittadini. Gabigol alla Malpensa alle 14.30, Joao Mario a Linate poco più di due ore dopo. E proprio sul portoghese tuttofare accendiamo i fari all’interno del nostro spazio quotidiano. Una trattativa che vi abbiamo raccontato in ogni suo dettaglio, dopo avervela svelata in anteprima la sera del 5 luglio. In attesa di firma e annuncio, ci son voluti 52 giorni per la definitiva fumata bianca: il costante lavoro ai fianchi è servito a vincere la resistenza del club biancoverde, oste rognosissimo con cui fare i conti, e rispettare contestualmente i paletti del fair-play finanziario. Con tanti saluti a chi aveva frettolosamente bollato per “tramontata” la pista a metà luglio, ossia alla chiusura del mercato cinese con relativa impossibilità di perfezionare l’affare via Jiangsu. Una cosa – su tutte – è certa: Joao ha rispettato la parola data al club di Zhang tra il 10 e l’11 luglio, praticamente subito dopo essersi laureato campione d’Europa con il suo Portogallo. Kermesse, Euro 2016, che lo ha visto assoluto protagonista: 6 partite su 7 da titolare, compresi i 120 splendidi minuti della finalissima contro la Francia, beffata dai ragazzi di Fernando Santos davanti al pubblico amico. All’attuale commissario tecnico il neo interista deve molto: lui lo fece infatti esordire (sostituendo CR7 nel finale) in Nazionale maggiore, curiosamente proprio contro la rappresentativa di Deschamps, in un’amichevole dell’11 ottobre del 2014 disputata sempre allo Stade de France, luogo divenuto quasi mistico per Mario a chiusura di un cerchio disegnato da Giotto. E sempre il ct ex Grecia gli ha dato fiducia nel momento clou dell’intera storia del Portogallo, che mai aveva vinto una competizione ufficiale, dopo averlo inserito gradualmente premiandone la brillante gavetta (82 presenze e 14 gol dall’Under 15 all’Under 21). Ma molto, nell’analizzare i frutti raccolti in questa estate magica, Joao Mario deve anche a tre dei quattro allenatori succedutisi alla guida dello Sporting negli ultimi anni. Jesualdo Ferreira gli regalò la gioia del debutto tra i grandi, con uno spezzone il 10 febbraio del 2013 in occasione della sfida contro il Maritimo, quando ancora era stabilmente aggregato alla squadra B militante nei cadetti. Marco Silva, nella stagione 2014-15, lo lanciò in pianta stabile tra i titolari, venendo ripagato dai 7 gol realizzati da Joao Mario Naval da Costa Eduardo nelle 45 gare disputate, con allegata Coppa di Portogallo levata al cielo. Medesimo numero di presenze (45) e reti (7) nell’annata 2015-16, quella della consacrazione, maggiore però il quantitativo di assist sfornati (12 contro 5). E anche in questo caso un trofeo in bacheca, la Supercoppa portoghese vinta con Jorge Jesus al timone contro i cugini del Benfica, appena piantati in asso dall’allenatore protagonista del clamoroso cambio di sponda. Al tirar delle somme, l’unico tecnico dei Leoni a non puntare su di lui fu Leonardo Jardim, che nel 2013-14 lo reputò ancora acerbo e da gennaio in poi gli fece accumulare un po’ di esperienza (16 apparizioni) al Vitoria Setubal. Ieri Joao Mario ha salutato quella che per 12 anni è stata la sua casa, considerato che – dopo gli inizi nel vivaio del Porto (naturale, essendo nato ad Oporto il 19 gennaio del 1993) – già nel 2004, all’età di 11 anni, il ragazzo entrò nel settore giovanile dello Sporting che lo ha formato per tutta la trafila, comprese le 44 presenze (2 gol e 11 assist all’attivo) totalizzate con la formazione B.
Venendo adesso alle caratteristiche tecniche del nostro personaggio del giorno, non ci dilungheremo molto: basta dire che Joao Mario è il prototipo del centrocampista universale, nel senso che realmente dove lo metti sta. A Lisbona si è disimpegnato in qualsiasi zolla della terra di mezzo: mezzala, esterno, trequartista e centrale! Insomma, la duttilità fatta persona. Fisico scattante (179 cm per 72 kg), Joao è munito di un repertorio tecnico di prim’ordine, oltre che di un’intelligenza tattica fuori dal comune, propria di chi sa leggere bene qualsiasi momento della partita, ogni pertugio nel quale infilarsi per concludere a rete o assistere i compagni con l’ultimo passaggio. Corre, salta l’uomo, crossa e recupera palloni preziosi: questo perlomeno ha fatto vedere in patria, i presupposti qualitativi per confermarsi anche in Serie A ci sono tutti, al netto della maggior competitività della fase difensiva made in Italy.
Con tutto ciò che ne può derivare in termini di pressioni, Joao Mario arriva con l’etichetta di acquisto più oneroso (orientativamente 40 milioni) del nuovo corso Inter: in assoluto trattasi della seconda operazione in entrata della nostra sessione estiva, ovviamente alle spalle dei 90 di Higuain. È lui il regalo che Suning, dopo aver preannunciato nella conferenza di insediamento l’intenzione di puntare su grandi profili ma anche di prospettiva (Mancini da lì forse iniziò a sentirsi un ex), aveva deciso di confezionare a mo’ di biglietto da visita per i tifosi, da qualche ore passati dallo scetticismo all’estasi. A Frank De Boer il compito di scartarlo, nella speranza che il condottiero olandese trovi al più presto l’abito tattico adatto, comunque diverso da quello indossato domenica scorsa contro il Chievo. Joao Mario, in virtù della versatilità sopra ricordata, al riguardo non potrà che agevolarlo. Per un’Inter che da ieri ha ricominciato davvero a sognare in grande, dal management all’ambiente tutto: i cinesi hanno iniziato a fare sul serio. Joao Mario, Joao Inter.
Foto: Sportitalia