Non ci sono dubbi sul fatto che la stagione del Sassuolo sia stata pesantemente condizionata dai preliminari di Europa League e dalla lunga serie di infortuni che hanno messo ai box per lungo tempo alcuni giocatori chiave; da Berardi a Magnanelli, da Biondini a Cannavaro e Missiroli.
Una considerazione confermata dal cammino degli emiliani nell'ultimo mese e mezzo. Non appena Di Francesco, costretto a fare i salti mortali fino a quel momento per mettere in campo un 11 competitivo dinanzi ad un'infermeria ormai super affollata, ha riavuto a disposizione elementi insostituibili, il Sassuolo ha recuperato buona parte del terreno perduto. A 90' dal termine i neroverdi possono ancora giocarsi il 10° posto, un piazzamento che garantirebbe un'interessante entrata economica e un avvio posticipato in Tim Cup.
La goleada rifilata al Cagliari ha preso il via con la splendida rete di Francesco Magnanelli, ritornato in campo dopo praticamente 6 mesi di stop. Il centrocampista nativo di Umbertide rappresenta il cuore, l'anima, la storia della compagine emiliana, con la quale ha avuto il piacere di condividere l'ascesa dalle serie minori fino alla qualificazione europea. Ogni gara è stata disputata come se fosse l'ultima, come se si trattasse di una finale, una sfida da dentro o fuori. Nel mondo del calcio abbiamo a che fare con numerose variabili, possiamo far riferimento ad un numero fortemente ridotto di certezze, tra le quali non possiamo non inserire il rendimento del capitano neroverde.
Professionista esemplare, il classico regista con ottima visione di gioco e capacità di verticalizzare il gioco, nel cuore del centrocampo è il primo a proporsi per sbrogliare situazioni complicate, ad aiutare il compagno in difficoltà, a svolgere quel lavoro sporco talvolta oscuro ma fondamentale per gli equilibri della squadra. Gli anni passano inesorabilmente, ma Magnanelli pare il sinonimo di un vino pregiato, ambito, capace di migliorare invecchiando, stravincere in partenza il confronto con gran parte dei prodotti creati dalle nuove generazioni. Nella gara contro i sardi molti suoi colleghi avrebbero faticato e non poco a trovare obiettivi, motivazioni, a mantenere elevata la concentrazione in una sfida di fine stagione.
Nel corso di una lunga e onorata carriera capitan Magnanelli ha invece imparato, facendosi guidare da quell'umile ambizione che contraddistingue i sempre più rari leader dentro e fuori lo spogliatoio, che ogni occasione sia utile per non cullarsi sugli allori, è il simbolo del duro lavoro quotidiano e il mezzo per raggiungere nuovi step nella crescita individuale e del collettivo. Domenica ha impiegato ben pochi giri d'orologio per gonfiare la rete con una splendida conclusione, una gioia contagiosa provata nel giorno del ritorno in campo, una luce in fondo ad un tunnel durato 6 mesi. Il gruppo ha ritrovato una guida imprescindibile, il calcio che conta ha potuto riabbracciare il simbolo del calcio di provincia in grado di farci emozionare, appassionare, diventando i suoi primi sostenitori a prescindere dalla squadra del cuore e dalle vicissitudini di un'annata.
La voglia di combattere per ritornare protagonista prima della fine del campionato, l'amore per la maglia che si indossa e si sente propria, il sapersi ancora divertire rincorrendo un pallone costituiscono il miglior spot possibile che il nostro calcio possa trasmettere ai milioni di tifosi, ai bambini che iniziano a giocare nei campetti di periferia. Per diventare protagonisti e lasciare un segno indelebile nella storia dello sport più amato dagli italiani non bisogna obbligatoriamente dedicare tempo, attenzioni e priorità alla vita mondana, ai tatuaggi, alla rincorsa per migliori ingaggi, alla collezione di casacche da indossare, ai social network e all'egocentrismo.
Magnanelli rappresenta l'esempio di come il calcio possa farci ancora innamorare, ammirando chi onora, rispetta e lotta per i colori di una vita, diventando un elemento onnipresente in ogni zona del terreno di gioco.
Diego Anelli Direttore www.sampdorianews.net