KRANEVITTER, PANE E INTERDIZIONE: ALLERGICO AL GOL, CON IL MANCIO NEL DESTINO

"Come giocatore lo paragono al primo Mascherano oppure a Matias Almeyda. Recupera tanti palloni ma sa dare ordine, può migliorare sotto molti aspetti perché è giovane, oltretutto gioca in un ruolo molto difficile. Ma abbiamo grandi aspettative". Così Diego Simeone aveva accolto Matias Kranevitter nell’inverno del 2016, dichiarazioni da archiviare alla categoria Ipse Dixit di Gialappiana memoria. Sì, perché un anno e mezzo dopo – malgrado il blocco del mercato in entrata – El Cholo ha salutato definitivamente il suo connazionale che, alla fine della fiera, ha schierato soltanto in 11 occasioni (tutte nella seconda parte della stagione 2015-16), appena 5 delle quali da titolare. La scorsa annata El Caddy l’ha infatti interamente trascorsa tra le file del Siviglia, in prestito (32 presenze complessive, 21 dal primo minuto), mentre ieri è stato finalmente ufficializzato il suo passaggio allo Zenit che ha interamente fatto rientrare i Colchoneros degli 8 milioni di euro investiti nell’estate del 2015 per prelevarlo dal River Plate, che lo aveva poi trattenuto fino a dicembre in vista del Mondiale per Clup poi perso in finale contro il Barcellona. Il Mancio nel destino di Kranevitter: su di lui il tecnico jesino aveva già posato gli occhi nel 2015, un paio di mesi prima rispetto all’affondo decisivo piazzato dai biancorossi di Madrid, ma poi l’Inter decise di non approfondire il discorso. Due anni dopo Roberto Mancini ha coronato il suo inseguimento, all’interno di una campagna acquisti in salsa argentina: basti pensare che a San Pietroburgo erano arrivati già l’ormai ex Roma Paredes, Driussi e Mammana, questi ultimi due compagni di Kranevitter proprio al River.



Nato a Yerba Buena, Provincia di Tucuman, il 21 maggio del 1993, prima di sbarcare in Europa - con gli step già ricordati - Matias aveva legato gli anni della formazione al San Martín de Tucumán per poi entrare nel vivaio dei Millonarios. Anni non proprio serenissimi, dal momento che il ragazzo non giocava soltanto a pallone nel settore giovanile del River, bensì lavorava - a dispetto della giovane età - dando una mano alla famiglia in condizioni non esattamente agiate: padre tassista e madre casalinga, con altri cinque bambini da allevare oltre al nostro personaggio del giorno. Il piccolo Kranevitter faceva appunto il Caddy sui campi da golf vicino casa, su e giù a portare le sacche con le mazze per 15 pesos, di cui 10  andavano direttamente alla mamma. Al contempo però le sue qualità sul rettangolo verde erano sempre più evidenti, tant’è che il 2 dicembre del 2012 arrivava l’esordio in prima squadra, un mini spezzone nella vittoria per 1-0 contro il Lanus. Da quel momento in poi Matias si prese progressivamente il Monumental, che salutò dopo aver messo in bacheca 1 Coppa Libertadores, 1 campionato argentino, 1 Coppa sudamericana e 1 Recopa sudamericana. Con un ruolino personale complessivo di 92 presenze nelle varie competizioni, con zero gol all’attivo in maglia River. E qui va inserito un inciso, perché lo scarso (sarebbe meglio dire inesistente) feeling con la porta avversaria ha rappresentato una costante della carriera del nostro protagonista quotidiano, che mai nelle 147 gare ufficiali da professionista (comprese le 12 in Nazionale, 8 con quella maggiore) ha assaporato la gioia del gol, nemmeno per sbaglio. Dopotutto il suo mestiere è un altro: proteggere la difesa e fare legna a centrocampo. L’argentino eccelle in fase di interdizione e ringhia sulle caviglie altrui, aiutato dal classico physique du role (179 cm per 74 kg) e da una buona propensione alla corsa. Fermo restando che anche in fase di possesso palla sa rendersi parecchio utile. Dalla calda Spagna alla fredda Russia: lo Zenit, a punteggio pieno dopo 4 giornate e reduce dal roboante 5-1 allo Spartak campione uscente di Carrera, da ieri ha un Kranevitter in più nel motore. Per la gioia del Mancio.

Foto: screenshot sito ufficiale Zenit