LA MASIA, IL CROCIATO PER NAINGGOLAN, UN PONTE TRA SPAGNA E BRASILE: ECCO RAFINHA, NUOVO JOLLY INTER
20.01.2018 | 10:55
L’Inter sul mercato sta facendo miracoli, o quasi. Il club nerazzurro, tra le strette cinesi e i paletti del Fair Play Finanziario, in questa sessione invernale si è trovato ancora nella poco invidiabile situazione di chi è costretto a fare le nozze con i fichi secchi. Il diesse Piero Ausilio e il coordinatore Suning Walter Sabatini, sin qui ci sono riusciti. Dopo aver risolto con Lisandro Lopez la questione difensore centrale per completare il reparto, in aderenza alla volontà di Spalletti e ad oggettive carenze numeriche sorte in seguito all’infortunio del giovane belga Vanheusden, ieri è stata la volta di Rafinha. Se quella con il Benfica è stata una trattativa lampo, con il Barcellona i tempi sono stati un po’ più lunghi. La missione catalana del direttore sportivo è stata fondamentale per la quadratura alle nuove condizioni: prestito gratuito con diritto di riscatto da 35 milioni, più altri 3 a titolo di bonus che scatterebbero nel caso in cui la Beneamata centrasse la qualificazione in Champions. Come chiarito ieri sera, a dispetto delle notizie che filtravano dalla Spagna, l’eventuale ritorno nell’Europa che conta non obbligherebbe l’Inter ad acquisire il figlio e fratello d’arte a titolo definitivo.
Nelle more dei negoziati, Rafinha è tornato a giocare dopo ben 290 giorni di assenza, un periodo di stop lunghissimo dovuto al doppio intervento al ginocchio destro – per un problema al menisco – subito tra aprile e ottobre 2017. Lo stesso ginocchio che nel settembre del 2015 aveva riportato la rottura del crociato in seguito all’intervento di Radja Nainggolan in quel Roma–Barça, chiusosi sull’1-1 con il gol da antologia di Florenzi, valido per la fase a gironi di Champions League. Il povero Rafael era entrato in campo da appena 2 minuti, il Ninja non poté che scusarsi via social per il duro intervento. Una curiosità in più, dal momento che domenica sera è in programma Inter-Roma e il brasiliano dovrebbe essere in tribuna a San Siro. Ad ogni modo, questi due gravi infortuni hanno condizionato la fase più recente della carriera del prodotto della cantera blaugrana, ma il fatto che Valverde mercoledì sera lo abbia lanciato nella mischia a 12 minuti dal termine del derby rassicura l’ambiente interista. Per la cronaca, il quasi venticinquenne centrocampista multiuso non si è rivelato esattamente un amuleto, dato che nel quarto d’ora abbondante (recupero compreso) in cui è stato in campo si è concretizzata la prima sconfitta della stagione culé, proprio contro i cugini dell’Espanyol nell’andata dei quarti di finale di Coppa del Re. Ma con Rafinha Spalletti si mette in casa un vero e proprio jolly: all’ombra del Camp Nou ha giocato da mezzala e centrale di centrocampo, ma anche da esterno alto (o di centrocampo nel 3-4-3) a piede invertito con il suo mancino naturale, e persino – alla bisogna – da terzino destro o addirittura in attacco. Per la serie: quando si dispone di piedi buoni, mai mettere limiti alla provvidenza. Qualsiasi allenatore farebbe carte false per avere a disposizione un calciatore con tali caratteristiche, nel 4-2-3-1 di don Luciano il brevilineo specialista (174 cm per 71 kg) potrebbe benissimo calarsi nella batteria dei tre alle spalle di Icardi.
Rafael Alcântara do Nascimento vede la luce a San Paolo il 12 novembre del 1993, ai tempi il padre Mazinho – che otto mesi più tardi avrebbe levato al cielo di Pasadena la Coppa del Mondo “in faccia” agli azzurri di Arrigo Sacchi – giocava nel Palmeiras, il club che lo aveva riaccolto dopo il biennio trascorso in Italia con le maglie di Lecce e Fiorentina. Calcisticamente Rafinha muove i primissimi passi nel Centro de Futebol Zico do Rio Sociedade Esportiva, la scuola fondata da Zico, poi sgambetta un po’ per il Flamengo, quindi per l’Ureca di Vigo perché nel vivaio del Celta (dove frattanto il genitore si era trasferito) non c’era posto. La svolta arriva nel 2006-2007 quando con il fratello Thiago (oggi in forza al Bayern Monaco) fa il suo ingresso a La Masia, il mitico centro di formazione del Barcellona. Rafinha completa tutta la trafila, dal Juvenil alla squadra B (84 presenze e 19 gol), e il 6 dicembre del 2011 esordisce tra i grandi in Champions contro il BATE Borisov. Finora, eccezion fatta per la stagione in prestito (33 partite e 4 gol) proprio al Celta Vigo, all’epoca allenato da Luis Enrique che lo conosceva bene e poi lo riabbracciò in prima squadra in Catalogna, Rafinha ha vestito soltanto i colori blaugrana: 79 le gare ufficiali disputate con Messi e compagni, per un totale di 11 reti e 8 assist messi a referto. In bacheca 2 Liga, 1 Champions League, 4 Coppe del Re, 2 Supercoppe di Spagna e l’agognato oro con il Brasile nelle Olimpiadi di casa del 2016. Già, perché Rafael, a differenza di Thiago Alcantara che ha scelto la Roja, a livello di Nazionale – nel personale ponte con la Spagna – è rimasto fedele alle sue origini. E chissà che questi primi 4-5 mesi, in attesa di capire se l’esperienza all’Inter continuerà, non possano essergli utili per iniziare a riavvicinarsi a quella Seleção che assaporò per 2 volte con Dunga nel 2015.
Foto: sito ufficiale Barcellona