LA NUOVA SFIDA DI ROBERTO CARLOS

Da calciatore è stato un crac, uno che spostava gli equilibri pur non essendo un fantasista, un attaccante o un regista. Bastava che la sua squadra conquistasse una punizione anche a 30-35 metri dalla porta perché Roberto Carlos facesse esplodere il suo sinistro al fulmicotone. Da quando è diventato allenatore, purtroppo, il brasiliano che ha sempre amato gli scherzi, le belle auto e le donne – ha due mogli e otto figli, avuti da sei compagne diverse – in campo non può più andare, neanche solo per calciare da fermo. Ora deve tirar fuori il meglio dai suoi calciatori, che non sono più quelli con cui giocava qualche anno fa all'Inter, al Real Madrid, o anche all’Anzhi, ultimo approdo dorato di una carriera da primattore. Dopo aver preso appunti da Guus Hiddink in Russia, Roberto Carlos ha iniziato ad allenare l’anno scorso in Turchia, in una città vicina al confine con la Siria: Sivas. Al posto di Ronaldo, Mijatovic o Zidane, ha avuto con sé Utaka e il vecchio Cicinho, giusto per citare i due calciatori più rappresentativi del Sivasspor, la squadra che si è imposta come la rivelazione della Super Lig. Ha chiuso al quinto posto Roberto Carlos, avrebbe anche conquistato l’Europa se al club non fosse stata negata la licenza Uefa. Una buona stagione, comunque. A dimostrazione che la classe, a volte ma non sempre, spesso riesce a trasmigrare dal campo alla panchina. Non così quest’anno. Dopo un buon inizio, la folgorante caduta. Una crisi nera, nerissima, culminata con le dimissioni prenatalizie. Chissà quante volte ha rimpianto, Roberto Carlos, di non aver accettato le offerte dalla Cina o le sirene dell'altra sua 'nuova' patria calcistica, la Russia. È rimasto in Turchia, in quella cittadina tra le montagne che aveva iniziato ad amare e che improvvisamente si è trasformata in una polveriera quando le cose hanno cominciato ad andar male. Pochi giorni dopo, però, una nuova offerta. Niente cittadelle sperdute, stavolta: lo ha chiamato l’Akhisar, squadra di Beledye, a due passi dal Mar Egeo. Ha detto sì il brasiliano, anche se il suo nuovo club non vince da nove partite ed è sprofondato dalla zona Europa ai margini della zona a rischio. In fondo, le sfide difficili e intriganti gli sono sempre piaciute, altrimenti non avrebbe trascorso l’ultima parte della carriera da calciatore e la prima da tecnico alla periferia estrema del grande calcio. Ora il suo compito è quello di far grande l’Akhisar, di tirarlo fuori dal guado, di riguadagnare la credibilità appannata in Turchia per colpa di due mesi scellerati. Ah, se solo potesse scendere in campo anche solo per calciare le punizioni…  



Foto: Metro