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L’ABITO FA IL MONACO, IL SARTO DA RED CARPET È LEONARDO JARDIM

16.03.2017 | 09:25

Jardim

Ottavi di finale di Champions in archivio, un turno da record di sempre con le 62 reti realizzate tra andata e ritorno. Se il famigerato incrocio tra Barcellona e Psg si era chiuso con 11 gol in totale, per la gioia dei blaugrana, all’esito dell’altra remuntada, quella del Monaco sulla pelle del Manchester City, di segnature se ne sono registrate addirittura 12. La squadra del Principato, dopo aver perso per 5-3 all’Etihad Stadium, ha regolato gli inglesi per 3-1 al Louis II: aggregate 6-6, ma a parità di reti quelle realizzate in trasferta – valendo doppio – hanno fatto la differenza. I terribili ragazzi monegaschi avanti, il ricchissimo City a casa: a dispetto dei costanti investimenti faraonici, per lo sceicco Mansour anche quest’anno la coppa dalle grandi orecchie è rimasta un miraggio. Nulla ha potuto anche il patinato Pep Guardiola, costretto ad ingoiare un boccone amarissimo, lui che in Champions come minimo era arrivato in semifinale nelle sette partecipazioni precedenti, due vittoriose. E oggi, all’interno del nostro approfondimento quotidiano, accendiamo i riflettori sul suo dirimpettaio d’area tecnica di ieri sera.

È Leonardo Jardim il demiurgo di Montecarlo, compagine tornata ai livelli di fine anni 90 grazie alla gestione oculatissima – dopo gli sfarzi iniziali della gestione Rybolovlev – che ha portato all’esplosione di ragazzi presi a cifre basse, o comunque ragionevoli, e adesso ambiti da tutta Europa: da Bakayoko a Fabinho, da Lemar a Bernardo Silva, passando per i vari Mendy, Sidibé e, soprattutto, per l’enfant prodige Mbappé, 18 anni compiuti a dicembre, allevato nel settore giovanile e già accostato a Thierry Henry…anche se Titì alla sua età segnava un terzo di lui. Senza dimenticare i senatori Falcao (ieri assente ma con Jardim letteralmente risorto), Joao Moutinho, l’ex torinista Glik e l’italiano Raggi. Tutti valorizzati, tutti protagonisti all’interno del semplice, ma altamente spettacolare, 4-4-2 di Leo che talvolta può atteggiarsi a 4-2-3-1. Una storia, quella dell’allenatore sudamericano, assolutamente da raccontare sia pur in sintesi.

Premessa doverosa: non stiamo parlando di un ex calciatore. Josè Leonardo Nunes Alves Sosa Jardim nasce a Barcelona, Venezuela, il primo agosto del 1974 da genitori portoghesi, ivi emigrati per lavoro. La famiglia ben presto ritorna all’Isola di Madeira, dove Leo trascorre la giovinezza con in testa un pensiero fisso: allenare. Le prime esperienze con i ragazzini di 12 anni, la laurea in Scienze Motorie con parallelo conseguimento del patentino Uefa. Jardim a 27 anni entra da assistente nello staff del Camacha, formazione di terza divisione lusitana della quale poi diventa tecnico in prima. Nel 2008 arriva la chiamata del Chaves e Jardim centra al primo colpo la promozione tra i cadetti. Copione analogo l’annata seguente: passa alla guida del Beira Mar, militante in Segunda Liga, che conduce immediatamente nel massimo campionato. Per poi rimediare l’esonero nel febbraio del 2011. L’estate successiva gli viene affidata la panchina dell’ambizioso Braga, reduce da una finale di Europa League persa con il Porto. E lui che fa? Terzo posto in Primeira Liga, con record di vittorie consecutive (ben 13) e allegata qualificazione alla Champions. A fine stagione arriva il divorzio per contrasti con il presidente, stesso scenario che si consuma sei mesi dopo, ossia il 19 gennaio del 2013, quando per divergenze con il numero uno del club (e un bel po’ di gossip…) lascia misteriosamente la guida dei greci dell’Olympiacos, malgrado stesse stradominando il campionato con 10 punti di vantaggio sulla seconda. Poco male, perché a scommettere su di lui è lo Sporting Lisbona, che – neanche a dirlo – Leonardo riporta in Champions dopo cinque anni di nulla, dall’alto del secondo posto conquistato. Insomma, finora titoli mai (questa però sembra essere la stagione giusta) ma piazzamenti sempre, pur con squadre non accreditate dei favori del pronostico. Dopo questo girovagare, Jardim trova la sua dimensione nel Principato, dove è chiamato a sostituire il tecnico del ritorno in Ligue 1 (e del successivo secondo posto) Claudio Ranieri. E adesso, dopo due terzi posti consecutivi, Leo può finalmente vincere qualcosa. Il Monaco, che attualmente vanta il migliore attacco dei più importanti campionati europei (84 gol in 29 partite), in Francia comanda con 3 lunghezze sul Psg e 5 sul Nizza, nell’Europa che conta fa l’outsider, offrendo secchiate di grande calcio, e anche in Coupe de France è messo bene, avendo raggiunto i quarti con finestra sulla semifinale (Lille permettendo). Incartare Guardiola non era da tutti, ma Leo è un tipo che nulla lascia al caso. La sua storia dimostra che si può eccezionalmente arrivare al top in panchina con professionalità, abnegazione e tanto studio. Anche senza trascorsi da calciatore. Scusate se è poco. Un allenatore fresco, rampante e che sa lavorare con i giovani. È proprio il caso di dirlo: in questo caso l’abito fa il Monaco, il sarto – da red carpet – è Leonardo Jardim.

Foto: sito ufficiale Monaco