Leonardo: “Ho avuto problemi con Berlusconi, lasciai il Milan per questo. Moratti era uno di famiglia”
05.09.2023 | 20:59
Intervistato per il portale brasiliano ‘Globoesporte’, il dirigente brasiliano Leonardo ha raccontato vari aneddoti interessanti riguardanti la sua carriera, ripercorrendo il suo percorso al Milan, all’Inter e al PSG.
Queste le sue parole: “Mi piaceva come andavano le cose al Milan, il passaggio da calciatore a dirigente è stato per via del mio rapporto con Galliani. Mi ha detto di iniziare a partecipare ai suoi incontri, di occuparmi anche del marketing. Il tutto mentre ancora giocavo, nella mia testa a 32 anni avrei smesso. Per sei anni, dal 2003 al 2009, poi sono rimasto al suo fianco: per me è stato come andare all’università, osservavo quanto accadeva nel club ad ogni livello ma sempre rimanendo in disparte. Andavo a scuola da una persona come Adriano che ha una visione a 360 gradi su tutto. Del calcio sa tutto, è stato il più grande allenatore per me. Dopo sei anni Galliani mi chiese di diventare allenatore della prima squadra, ma non volli: non mi vedo in quel ruolo. Era un anno difficile, ma alla fine super positivo”.“.
Su Berlusconi: “Con Berlusconi invece ho avuto dei problemi .Ho lasciato il Milan proprio per via di quel disaccordo, penso però fosse anche un momento difficile per lui. Era anche Presidente del Consiglio, accadevano tante cose… Alla fine me ne sono andato perché ero nel club da 13 anni e ci sono cicli che finiscono. Parliamo comunque di una persona che ha rivoluzionato il Milan e il calcio e che come imprenditore ha fatto di tutto. Una storia incredibile, la sua”.
Poi l’Inter: “Andai all’Inter per altri motivi. Infatti nel 2010 mi sono fermato dopo aver lasciato Milano e non perché avevo altro. È una pausa di carriera. Con Massimo Moratti ho vissuto un rapporto molto forte, anche familiare: nell’Inter c’erano tanti brasiliani e finirono per avvicinarsi a me. A Natale mi chiama Moratti, gli avevo detto di non potere già diverse volte, poi però all’una di notte ci siamo incontrati a casa sua e lì non ho avuto scampo. Mi sono fatto coinvolgere nella causa, come sempre agisco d’istinto, per ragione o emozione”.
Poi il PSG: “Il PSG era un club diverso dagli altri. Hanno costruito qualcosa che forse nessun altro avrebbe potuto. Sono un caso differente, nascono negli anni ’70 nella città del glamour, forse la più bella al mondo. L’obiettivo era competere in Champions League ed essere tra i primi 5 club del pianeta. Però la Champions non è semplice da vincere: guardate il City, ce l’ha appena fatta dopo 15 anni di tentativi. Prima o poi accadrà anche per loro”.
Sull’Arabia: “Neymar in Arabia Saudita? Non sarà solo lui ad andare lì. Io ho giocato in Giappone quando avevo 24 anni, poteva essere una scelta del tutto discutibile ma per me è stata una cosa meravigliosa. Non è un campionato che conosciamo a fondo, ma può mantenere il suo livello e la forma anche lì. Basta volerlo. Si è sentito coinvolto all’interno di un movimento enorme. Messi? Lui è stato nell’Olimpo per vent’anni, può dire e fare quello che vuole. Messi è Messi. Messi -Mbappe-Neymar un fallimento? Non penso c’entri l’ego. Questi sono ragazzi che risolvono più problemi di quanti non ne creino, se pensi di dover risolvere un loro problema, ne fai parte. Bisogna assumersi oneri e onori, fa parte del gioco. Se costruisci un attacco del genere hai fatto il massimo, se non funziona non è per un solo motivo. I dirigenti devono mettere in condizione certi calciatori e farli stare bene, chi vince il campionato alla fine è il club”.
Foto: sito PSG