L’errore arbitrale

Milan-Juventus di Sabato sera è stata segnata dal gol ingiustamente annullato a Pjanić. Errore che, commesso sullo 0 a 0, ha chiaramente sfavorito i bianconeri. Questa volta però le polemiche contro arbitro, guardalinee e giudici di porta e le discussioni sugli aiuti tecnologici vanno messe in secondo piano dal modo in cui giocatori, allenatore e società hanno vissuto reagito e commentato l’errore. Al solito “campionato falsato” i bianconeri hanno contrapposto la semplice analisi di un errore umano, un errore che, alla pari di quello commesso da giocatori, allenatori e dirigenti, fa parte di questo bellissimo sport. La reazione bianconera è stata in totale controtendenza rispetto alla cultura che va per la maggiore nel nostro paese, ovvero all’idea che l’arbitro non possa e non debba sbagliare (approccio che in buona parte deriva dagli addetti ai lavori che ponendo l’accento su presunti torti subiti riescono a mascherare i veri problemi della propria squadra). Le parole di Andrea Barzagli sono esemplificative: “…l'errore ci può stare. Ma che dobbiamo fare? C'erano altri 60 minuti per vincere…”. Parole come queste in Serie A sono una rarità, mentre in campionati più belli e più ricchi come la Premier League questo approccio all’errore arbitrale rappresenta la normalità. Ed è un aspetto fondamentale da cogliere, un aspetto decisivo se davvero si vuole migliorare e far crescere il nostro calcio. Oltre all’aiuto tecnologico, fondamentale nel calcio professionistico odierno, è necessaria infatti una vera cultura sportiva. La cultura del rispetto. Il rispetto per l’avversario, per i compagni e per gli arbitri. Rispetto che manca soprattutto nei campionati minori e nel calcio giovanile, dove troppo spesso le partite si trasformano in aggressioni verbali e fisiche nei confronti dei direttori di gara. Proprio per questo la reazione di Sabato sera della Juventus deve essere l’esempio da seguire e il nuovo punto di partenza per l’intero movimento.