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Lotito: “Ogni giorno ricevo minacce di morte. Il derby? E’ una partita speciale. Sarri è un maestro”. Sulla Salernitana e Immobile…

08.11.2023 | 12:00

Lunga intervista a Claudio Lotito, presidente della Lazio, che si è raccontato a Radio Serie A, trattando diversi temi, dalla Lazio, al derby imminente, alla sua esperienza alla Salernitana e tanto altro.
Queste le sue parole: “Ricevo molte chiamate con minacce di morte, mi capita di riceverne anche 300 al giorno. Più fanno così, più cerco di far valere l’ideale del rispetto. Una persona normale probabilmente si spaventerebbe, io invece vado avanti sapendo cosa ho fatto per il calcio. Ad oggi ricevo chiamate minatorie anche verso le squadre avversarie della Lazio. Serve una cultura basata sui valori sportivi, ma negli ultimi anni questa cosa si è persa. Io vivo sotto scorta; questo limita la mia privacy, ma serve per tutelarmi. Io sono abituato ad adattarmi alle varie situazioni; la prevenzione è fondamentale, educare i giovani andando nelle scuole, recuperando il significato valoriale dello sport. Va valorizzato l’essere umano non solo in quanto sportivo, bensì in quanto persona”.

L’ingresso nel calcio: Sono tifoso della Lazio da quando avevo 5 anni. Sono una persona tenace e questo è stato fondamentale per me. Mi venne proposta questa sfida da Berlusconi, persona che stimavo molto perché aveva la capacità di capire le cose come si sarebbero svolte nel tempo. Io avevo un rapporto amicale con lui che, all’epoca, era Presidente del Consiglio. Mi chiamò per chiedermi di cercare di salvare la Lazio. Nel 2004 il bilancio della Lazio era in rosso, aveva molti debiti. Io con il mio carattere l’ho considerata come una sfida al limite e Berlusconi decise di impegnarmi per trovare una soluzione a quello che all’epoca era diventato un problema di ordine pubblico. La tifoseria della Lazio all’epoca aveva comportamenti non conformi a quelli che sono i normali comportamenti civili, con diversi assalti e blocchi delle strade. Trovai subito un mondo fuori dalla normalità, venivano pagate persone che generavano debito, e io che venivo dall’imprenditoria affrontavo la cosa nel modo contrario: premiavo chi produceva reddito”.

Quasi 20 anni di presidenza: “Io sono stato uno dei primi che ha cercato di coniugare i risultati positivi con una sana gestione. Ad oggi la Lazio è una delle società più solide, con un patrimonio immobiliare e un patrimonio giocatori di tutto rispetto. Concepisco il mio come un ruolo di servizio, mi faccio carico di una società importante e ho l’obbligo di preservare e mantenere i valori fondamentali. La Lazio ha acquisito credibilità in ambito nazionale ed internazionale. La mia presidenza alla Lazio non è una storia di affari, non tratto vantaggi. Quando subentrai nel club, pagai per alcuni anni il leasing di un fabbricato che oggi è di proprietà del club. Potevo scegliere a chi intestarlo e scelsi appunto la Lazio. Oggi questo building vale diverse decine di milioni. Io non ne ho mai fatti affari con questo club, anzi ci ho rimesso molto. Quando entrai, in termini di lire, misi circa 50 miliardi per prendere il 21%. In sostanza in totale ho messo 75 milioni di euro, contro i 550 milioni di debiti che dovetti gestire. Cerco di coltivare quel modo di fare calcio basato sulla valorizzazione delle persone a 360 gradi. Le proprietà hanno una vita bassa perché nel momento in cui fai il presidente per visibilità o altri aspetti imprenditoriali. Così, quando e se viene meno il fine, sparisce anche la necessità di essere presidente di una società di calcio. Tante società sono scomparse, tante proprietà si sono avvicendate per lasciare un testimone negativo alla successiva. Io ho investito molto anche a livello infrastrutturale, rendendola forte perché voglio tramandarla, voglio che mio figlio, laziale e appassionato, prosegua questo percorso. Dopo Lotito, ci sarà Lotito? Sì, Enrico è già entrato nel sistema, si occupa del settore giovanile, lavorando alacremente e con dedizione. Alle 7 esce di casa e va, conosce tutto e tutti, ha conseguito una laurea in legge anche se non eserciterà la professione. Lo sport non va legato agli interessi materiali, anche se è chiaro che per fare certe cose serve il denaro”.

Su Immobile: “E’ il nostro capitano, c’è un rapporto oserei dire famigliare con lui, da parte mia e della società che rappresento non c’è nessun intendimento di alienarlo. Quando ho letto queste considerazioni, son rimasto perplesso conoscendo la persona che ha senso della famiglia, senso di appartenenza. Che lui possa andare in Arabia per me è una sorpresa. È in atto un contratto con lui, quindi bisognerebbe anche trovare un accordo con la società. Il famoso ‘pagare moneta, vedere cammello’? Ah vedo che lo ricordate… Per lui nutro un affetto particolare, poi purtroppo nel calcio capitano momenti non altamente positivi. Lui è un ragazzo con sani valori e principi e sono convinto che tornerà ad essere quello che è sempre stato”.

Su Sarri:E’ un grande insegnante di calcio, una persona particolare, un integralista che però con me va d’accordo. Non abbiamo mai litigato. Semmai abbiamo avuto confronti dialettici, alcuni magari accesi. Penso che abbia stima e considerazione della mia persona e questo lo espresse in un’intervista che mi colpì per le parole utilizzate. Di fronte ad alcune situazioni, chi aveva ragione? Ai posteri l’ardua sentenza. In estate chiedeva Ricci e Berardi e ho tentato di raggiungere questi obiettivi, ma ho ricevuto richieste fuori da ogni logica non solo per la portata economica, piuttosto per il valore del giocatore in relazione dell’età. Abbiamo preso Rovella e non penso che sia inferiore, così come non credo che chi è arrivato sia inferiore a Zielinski che, peraltro, resta sul mercato. Non mi pare che abbia tutti questi compratori. Berardi lo stesso, lo vedo ancora lì. Il percorso è un po’ più lungo e lo capisco, Sarri dovrà impegnarsi per valorizzare i giocatori e lo sa fare. Sa insegnare. Ha vinto contro le più forti e perso con le più deboli, per questo i rimproveri sono sulla mentalità. Che sei una grande squadra devi dimostrarlo attraverso la tenuta mentale, esprimendo sempre il cento per cento delle tue potenzialità. Ho visto Milan-Udinese: aggressività, determinazione e concentrazione evidenti da parte della squadra ospite. Sembravano assatanati. Ecco cosa rimprovero alla squadra, perché se scendessero in campo con la mia determinazione che porto avanti anche in altri campi, sarebbe diverso. Puoi avere le idee, ma se non metti cattiveria e furore agonistico, gli altri di sicuro non si spostano”.

Capitolo Salernitana: Io faccio il presidente e dopo vent’anni capisco le esigenze di un gruppo. Non è presunzione. Io ho preso la Salernitana in Eccellenza pagando 350mila euro a fondo perduto, dodici anni fa. Arrivati in B mi son dovuto fermare perché altrimenti avrei dovuto vendere. Alla fine, un giorno ho detto basta, bisogna andare in Serie A. La piazza era insofferente, c’erano dei giochi sul territorio che non mi garbavano più, come direbbe Sarri. Perciò la vendita fu inevitabile, in dicembre nonostante una delibera della Lega Serie A dicesse che fosse corretto far ultimare il campionato alla squadra. Per questo il club fu svenduto per la cifra di 10 milioni di euro, e ad oggi mi mancano ancora dei soldi. Parliamo di una società che, tra liquidità, affidamento bancario, patrimonio giocatori, avviamento e tutto il resto, valeva almeno 70-80 milioni. Lo sport deve essere gestito in maniera illuminata, scevro da qualsivoglia interesse personale”.

Ora il derby: Vivo le partite con un’apparente serenità, il mio tumulto è interiore, lo so controllare. Il derby per noi è un campionato nel campionato. È un appuntamento importante e spero che la squadra trovi la compattezza e la forza di esprimersi al 100% per dare grandi soddisfazioni ai tifosi che meritano un comportamento all’insegna del sacrificio, della determinazione e del risultato. E’ un campionato nel campionato, il suo risultato condiziona l’andamento successivo. L’anno scorso due grandi risultati che hanno creato un trasporto da parte della tifoseria verso la squadra molto importante. Quello a cui sono più legato? Finale di Coppa Italia del 26 maggio 2013. Un evento particolarissimo, in città si vive e si soffre. L’altra fazione è più portata a enfatizzare, è più caciarona, ma se non raggiunge l’obiettivo si nasconde e sparisce. I laziali invece sembra, sottolineo sembra, che preferiscano soffrire in silenzio”.

Foto: twitter Lazio