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Maignan: “Da piccolo giocavo in attacco. La svolta a 12 anni. Il mio idolo Van der Sar”

09.07.2023 | 19:20

Mike Maignan, portiere del Milan, ha così parlato nel corso della sua intervista a Sportweek.

Di seguito l’intervista con le dichiarazioni principali e più interessanti: “Il mio stile è versatile, non mi piace essere confinato in una categoria. Mi sento a mio agio sia con abbigliamento casual e streetstyle, che con un suit per partecipare a un evento. Non direi che la moda è la mia più grande passione, ma è qualcosa che mi affascina e a cui do importanza”.

Nuova stagione col Milan: “Non sono mai preoccupato. Ci saranno nuove sfide, nuove prove, ed è proprio questo che amo”.

Miglior partita col Milan: “Ogni volta che entro in campo, è magico. Tutto lo stadio, tutto il popolo rossonero alle spalle, la magia si crea naturalmente. E poi, il contesto di alcune partite rende la cosa ancora più speciale. Penso a due partite in particolare. La scorsa stagione, quella giocata in casa contro la Fiorentina. Eravamo vicini allo scudetto, ma non l’avevamo ancora in pugno e quella gara si preannunciava difficile. I tifosi hanno scortato l’autobus, l’entusiasmo era incredibile, ho sentito tutto lo stadio spingere dietro di me, ci ha dato le ali, ci sentivamo invincibili. L’altra partita è stata l’andata contro il Napoli in questa stagione di Champions League. Si poteva sentire che il Milan è la Champions League e che San Siro vive per quei momenti”.

Maignan bambino: “Sono sempre stato diverso, in anticipo rispetto alla mia generazione, e questo grazie alla mia mentalità, che mi dava un vantaggio sugli altri. Non ho mai seguito gli altri, ho sempre cercato di pensare con la mia testa. A 12 anni giocavo attaccante, ma a una selezione dell’Accademia nazionale francese andai così bene che restai portiere”.

Attaccante alle origini: “Ho iniziato a giocare a calcio all’età di 6-7 anni. Ero attaccante o numero 10, non volevo andare in porta… Sono finito lì per caso. Così, da ragazzino mi alternavo tra il ruolo di portiere e quello di giocatore di campo. All’età di 12-13 anni mi fu offerta l’opportunità di sostenere dei test a Clairefontaine, l’accademia nazionale del calcio francese. L’allenatore che mi accompagnò al provino mi lanciò una sfida: “Se arrivi all’ultimo turno di selezione, resterai portiere”. Sfortunatamente o fortunatamente, è quello che è successo! All’epoca mi seguiva il Psg, e questo mi convinse a restare in porta. Ma ho mantenuto quel desiderio di giocare più avanti, di partecipare al gioco”.

Modelli: “Da bambino guardavo Edwin van Der Sar. Ma presto mi sono convinto che dovevo essere io il mio modello”.

Colleghi: “Per i miei colleghi provo molto rispetto. In particolare per Manuel Neuer e per il contributo che ha apportato al nostro ruolo di portiere”.

Portiere regista: “Per me è importante andare oltre la mia funzione, il mio ruolo non si limita alla mia area di rigore, parlo molto con i miei compagni di squadra per prevedere le mosse dell’avversario. Ho sempre avuto questa mentalità perché parto dal presupposto che sia benefica per la squadra. Se faccio una buona partita, ma la squadra perde, non sarò mai soddisfatto”.

Foto: Instagram personale