Marcos Rojo: un predestinato mondiale dal cuor di “Leon”

Conquistare un solo punto con l’Islanda (1-1) e cadere brutalmente ai piedi della Croazia (3-0) nelle prime due giornate del Mondiale in Russia, ha lasciato tanta rabbia e amaro in bocca ai tifosi argentini, che hanno avvertito seriamente il rischio di uscire dalla kermesse già dalla fase ai gironi. Eppure bastava un gol, quel gol decisivo, nella partita decisiva. Che non viene siglato - come tutti si sarebbero aspettati - da un attaccante, uno di quei tanti gioielli scesi sul prato dello stadio di San Pietroburgo per sfidare la Nigeria. Questa volta l’eroe nazionale è un difensore, Marcos Rojo, che sigla il 2-1 a quattro minuti dal termine e porta la sua Albiceleste a sfidare la Francia agli ottavi di finale. Oltretutto la Nigeria rappresenta la sua vittima preferita: esattamente 4 anni fa, in Brasile, segnò il suo primo – e fino a ieri – unico gol al Mondiale. E anche in quell’occasione il gol fu decisivo per il 3-2 finale, segnando sempre dopo Messi, che fece doppietta. La vita del Leon guerrero - suo soprannome - ha le sembianze del predestinato. Nato il 20 marzo 1990 a La Plata, a 40 miglia dalla capitale Buenos Aires, in una delle zone più malfamate del suo paese, conosciuta principalmente per la presenza massiccia di bande criminali e traffico di droga. Un contesto sociale tutt’altro che semplice, dove la maggior parte dei ragazzini purtroppo rimangono facilmente imbottigliati in quel “traffico”. La forza e la determinazione – e ovviamente anche il talento – hanno fatto sì che Rojo trovasse una via di fuga dal suo mondo crudele, attraverso il calcio. La sua famiglia, per farlo giocare, lo porta lontano da quel posto, esattamente al campo dell’Estudiantes, che dista circa 20 km da casa sua, e che la giovane promessa percorreva insieme al padre in bicicletta. Il suo primo allenatore ai tempi delle giovanili, Gabriel San Millan, lo ricorda come un ragazzino bravo tecnicamente ma soprattutto con la voglia di spaccare il mondo (con la garra, così la chiamano da quelle parti). Nel dicembre del 2008, a 18 anni, debutta in prima squadra e vince la Coppa Libertadores, per poi ripetersi l’anno successivo con la vittoria del campionato. È pronto dunque per il debutto in Europa: prelevato nel gennaio 2011 dallo Spartak Mosca per 2 milioni di euro. Un’esperienza che gli regala un solo gol in 17 presenze tra campionato e coppe, di cui 6 in Europa League. Si accorge di lui lo Sporting Lisbona, dove rimarrà per le due stagioni successive. Crescono le presenze e cresce anche lo score: 7 gol in 61 gare complessive. Non male per un difensore alto 1,87, dal fisico longilineo e atletico, devastante nel gioco aereo, ma anche bravo con i piedi in fase di impostazione. L’esordio al Mondiale arriva proprio in Brasile nel 2014, la stupenda vetrina che lo mostrerà al grande calcio internazionale: un sogno che si avvera per lui cresciuto nella povertà e nella miseria. Ed è proprio in quei mesi che avviene la consacrazione ufficiale del suo enorme potenziale, con il passaggio al Manchester United nell’agosto del 2014. Il “Rosso” (traduzione del suo cognome) gli dona. Nonostante le sue 107 partite disputate con la maglia dei Red Devils, José Mourinho gli preferisce sulla fascia Blind prima e Darmian poi. Ciò a causa anche dei diversi infortuni subiti: prima al legamento crociato che lo tiene fuori dal campo per diversi mesi, poi alla spalla, poi all’inguine. Ma lui ha garra, è abituato a combattere e a soffrire in silenzio. Non viene molto coccolato dallo Special One ma sicuramente viene nutrito: in molti ricorderanno il gesto del suo allenatore mentre gli consegna una banana in campo durante la sfida di Europa League contro il Rostov. Ora però Rojo si è preso ciò che ha di più caro al mondo: la sua Nazionale, la sua terra. Con un gol, certo. Ma che per una notte ha fatto felice un intero paese: e pensare che tra quelle migliaia di persone c’è la sua numerosa famiglia. L’unica a cui deve tutto, anche la sua stessa carriera. Foto: express