VERSATILITÀ E QUALITÀ: LA RIMA DI MASCHERANO, GOLEADOR PER UNA NOTTE

Se giochi nel Barcellona, in carriera hai vinto tutto a livello di club e conti ben 136 presenze con la maglia di una Nazionale blasonata, come quella dell’Argentina, una partita contro l’ultima in classifica - adesso retrocessa anche ufficialmente - non dovrebbe certo farti sussultare. Un allenamento o poco più, la consueta grandinata di gol per la gioia dei palati esigenti del Camp Nou. Invece quella di ieri sera, contro l’Osasuna, per Javier Mascherano ha rappresentato quasi la fine di un incubo. Eh sì, perché nel Barça che tremare il mondo fa - a parte la Juventus, s’intende - e che da anni delizia le platee mondiali, con la sua produzione offensiva industriale (superata quota 150 gol in stagione), fino a qualche ora fa c’era una piccola macchia. Javier, uno degli  elementi della rosa con maggiore militanza in blaugrana, non aveva mai segnato. Non solo in questa annata, in assoluto: mai la gioia del gol nelle precedenti 318 esibizioni con la camiseta culé in sette stagioni, quasi un paradosso considerata la prolificità dei catalani. Niente, nemmeno per inerzia El Jefecito era riuscito a celebrare la sensazione più essenziale del gioco del calcio, quella determinata dalla rete che si gonfia. Al minuto 66 della gara valevole per la 34esima giornata della Liga il lieto fine: Roberto Torres commette fallo in area su Denis Suarez, l’arbitro Munuera Montero indica il dischetto. Con la MSN fuori gioco (Messi appena sostituito dopo una doppietta, Neymar squalificato e Luis Suarez in panchina per turnover), va Rakitic a prendere il pallone per sistemarlo sul dischetto. Ma i due senatori Piqué e Busquets fermano il centrocampista croato e gli dicono di lasciare l’esecuzione a Mascherano, probabilmente lo avevano visto deluso per il palo colpito poco prima di testa, complice la deviazione decisiva di Sirigu sul montante. E quale migliore occasione che un rigore a partita abbondantemente in ghiaccio (il parziale era già di 5-1)? Detto, fatto. Tra sorrisi e risate di tutta la panchina (dal Pistolero Suarez a Iniesta, passando per Luis Enrique e Unzué, vedi video in calce) consapevole dell’inimicizia profonda tra Javier e la porta avversaria, il diretto interessato accetta la gentile concessione, prende la rincorsa e calcia di potenza: il portiere italiano battezza l’angolo alla sua sinistra, la palla si insacca sotto la traversa. El Jefecito può alzare il braccio destro in segno di esultanza, travolto dalle pacche dei compagni e dall’abbraccio del Nou Camp che gli dedica un coro.



Ecco perché oggi è lui il nostro personaggio del giorno, scelta sostanzialmente doverosa. Ed ecco perché ci siamo dilungati sulla descrizione dell’attimo fatidico. Anche perché, per il resto, il nostro protagonista quotidiano non ha certo bisogno di presentazione. Al massimo di qualche numero da snocciolare, per corroborarne la grandezza. Partiamo dal palmarès, che annovera 2 Champions League, 2 Supercoppe europee, 2 Mondiali per club, 4 Liga, 3 Coppe del Re, 3 Supercoppe di Spagna, 2 campionati argentini e 1 campionato brasiliano. Oltre ai due ori olimpici con l’Argentina (2004 e 2008), mentre in Nazionale maggiore soltanto secondi posti (ben 4 in Coppa America e 1 relativo al Mondiale 2014).  Nato a San Lorenzo l’8 giugno del 1984, Javier Alejandro, che possiede anche la cittadinanza italiana per via dei bisnonni che emigrarono dalla Sicilia, prima di approdare nelle giovanili del River Plate si mise in mostra nel Renato Cesarini, club di Rosario dedicato proprio al celebre oriundo che con l’Italia e la Juventus segnava non di rado nei pressi del 90’. Nel 2003 l’esordio in prima squadra con i Millonarios, prima tappa di una carriera da professionista che lo ha portato a vestire le maglie di Corinthians, West Ham (in ambedue i casi in coppia con Carlitos Tevez, i cartellini di entrambi facevano capo ad un fondo), Liverpool e Barcellona. Per un totale di 570 partite ufficiali, impreziosite da soli 4 gol, i precedenti ai tempi di River (1) e Liverpool (2). Più altri 2 col Timão nel campionato paulista, ma spesso gli statali brasiliani non vengono considerati ai fini dei dati ufficiali. Nato mediano frangiflutti, ruolo che tuttora ricopre con l’Argentina, è Pep Guardiola - con una intuizione delle sue - ad abbassarlo progressivamente sulla linea dei difensori, complici i continui infortuni di Puyol e il brutto male che aveva colpito Abidal. Mossa rivelatasi azzeccatissima, pur in assenza del physique du rôle (174 cm per 74 kg) abitualmente richiesto. Maestro in fase di interdizione, eccezionale recuperapalloni, Mascherano più volte è stato accostato a top club italiani, rincorse sempre rivelatesi vane. E difficilmente lo vedremo in Serie A nella parte finale della carriera: vincolato al Barcellona fino al 2019, nel suo futuro remoto dovrebbe esserci il ritorno là dove tutto è cominciato, all’ombra del Monumental di Buenos Aires.

https://www.youtube.com/watch?v=I6dyAUIgSh8

Foto: Twitter Barcellona