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MATEO IN POLVERE REAL

17.08.2015 | 22:30

Due anni e mezzo di Inter per capirsi (poco) e per dirsi addio. Quando, nel gennaio 2013, Mateo Kovacic lasciò la Dinamo Zagabria, dopo una fulminea trattativa con il pirotecnico presidente Mamic, in molti dissero che l’Inter aveva acquistato un fenomeno. A quei tempi Mateo era poco più che un diciottenne, ma accecava il prossimo con lampi da fuoriclasse. “Esploderà, inevitabile”, dissero gli addetti ai lavori più istruiti sulle qualità di Kovacic. Il problema, un grosso problema, fu rappresentato dall’utilizzo a intermittenza senza un “perché”, come se Mateo fosse un peso a carico piuttosto che un ragazzo degno di avere le chiavi del club. Da Mazzarri a Mancini belle – bellissime – parole non suffragate da fatti. Uno sterminato cammino fatto di “vorrei, ma non posso”, scorciatoia di “anche se volessi, non me la sentirei di affidargli l’Inter senza avere la certezza di un ritorno”. Togliamo pure le virgolette, per evitare che qualcuno si offenda. Però, il concetto era quello.

Su Kovacic e per Kovacic si sono sprecate le chiavi di lettura tattiche. E’ una mezzala. No, deve giocare davanti alla difesa. No, da trequartista fa la differenza. Una di quelle classiche situazioni che, alla fine, ti mettono spalle al muro. E’ come avere un ingegnere e impiegarlo nella ristrutturazione di un monolocale piuttosto che in grandi progetti. Della serie: sì, è bravino, però non affidiamogli incarichi importanti, altrimenti li stecca.

Roberto Mancini, che ha pretese di mercato in quantità industriale, se l’è cavata con un laconico “sacrificato in nome del Fair Play”. Forse avrebbe dovuto porsi quesiti diversi. Uno, per esempio: cosa ho fatto io per permettere a Kovacic di rendere nel pieno rispetto delle sue enormi, innate, qualità? Risposta: quasi nulla. Ma conosciamo bene Mancini: è un grande allenatore, quando si convince al cento per cento. Tuttavia, spesso, è un ragazzino che piange, pretende, fa smontare e rimontare l’impalcatura. Ce ne vuole di pazienza, e Ausilio deve averne tanta, per stargli dietro. E per evitare che un club, che ha già problemi di bilancio e che deve rientrare, non diventi una Grande Ikea. Ovvero, porto via due-tre pezzi, li monto in giardino o in salotto, e alla prima occasione li scaravento dalla finestra. Soltanto che all’Ikea risparmi e magari non ti penti se poi cambi idea, in una società dovrebbe essere diverso.

Il caso Shaqiri eloquente come non mai: Mancio lo aveva voluto come l’uomo della provvidenza per aprire un grande ciclo. Già a marzo Mancio parla, forse a sproposito (ci scusi, Robi) di Yaya Toure come se fosse un passaggio dovuto. E Shaqiri era quasi divenuto un appestato, non pervenuto. Ma come, prima indispensabile e poi un appestato? Con un obbligo di riscatto grande quanto un palazzo, che se non si fosse materializzato lo Stoke City ora – giustamente – in casa Inter starebbero ancora tutti con i lacrimoni grossi così. Spendiamo una riflessione profonda.

Deve averne di pazienza, Ausilio. E poi, se prende Kovacic per 11 più 4 e lo vende per 35 garantiti più 2 di bonus dopo aver chiesto 38 più 2, bisogna comunque fargli gli applausi. In proporzione è forse l’operazione in uscita più importante degli ultimi 10-15 anni. Perché il ragazzo ha dato una resa, anche se non tecnica, che comunque ti consente di fare respirare il bilancio e di progettare il mercato in entrata. Magari in diretta perché altrimenti Mancio si rimette a piangere e non la finiamo più. A proposito: meno male che il mercato finisce il 31 agosto alle 23, così almeno l’allenatore si placa e pensa al campo. Altrimenti, se gli dessero i due o tre pezzi che mancano penserebbe al quarto e al quinto. Provocazione: ma perché Mancini, anziché telefonare ai papabili in entrata non spende qualche minuto di telefonata per piazzare qualche esubero? Così sarebbe più semplice per tutti.

Mateo in polvere, per l’Inter. Nel senso che lo abbiamo visto, ma soprattutto non lo abbiamo visto per le qualità che nessuno potrà disconoscergli. Ma soprattutto Mateo in polvere… Real: gli amici di Benitez dicono che sarà un’alternativa di Modric e Kroos e che da titolare sarà dura, almeno all’inizio. Possibile, probabile. E soltanto loro, quelli del Real, sanno come sia possibile spendere quasi un quarantino per tizio o caio senza la certezza di affidargli una maglia riservata a chi gioca e non riscalda una panca.

Ma questi sono soltanto problemi del Real. L’Inter aveva un equivoco, lo ha cancellato. E ha portato a casa il grano che – caro Mancio – ti aiuterà a diventare un allenatore felice. Almeno sul mercato. Ma poi, ricordalo, fai rotolare bene il pallone. E se lo fai frullare, come sostiene Giampi Ventura, forse sarà ancora meglio. Perché dal primo settembre toccherà a te, fidati. E con l’aria che tira nessuno sarà più disposto a farti mezzo sconto.