La scuola italiana, a livello di allenatori, probabilmente è la migliore del mondo. Non lo diciamo certo per motivi campanilistici, il rendimento dei nostri tecnici negli ultimi decenni è sotto gli occhi di tutti. All'interno di questa eccellenza tutta nostrana, c'è un segmento geografico da evidenziare in giallo fluo per aver dato i natali a numerosi strateghi della panchina. Stiamo parlando della Toscana: tranquilli, non vi elencheremo uno per uno tutti i mister nati tra l'Appennino e la Maremma: senza dimenticare i vari Mazzarri, Semplici e Baroni, da menzionare su tutti l'ultimo ct che ha portato l’Italia sul tetto del mondo, Marcello Lippi da Viareggio, e i tre che da anni in Serie A guardano tutti dall'alto: Luciano Spalletti, Maurizio Sarri (formalmente nato a Napoli) e Massimiliano Allegri. Ebbene, Max e Lucio si fronteggeranno nel big match della sedicesima giornata di Serie A: la Juve confida anche nel fattore campo per vincere il secondo scontro diretto consecutivo, dopo che venerdì scorso Allegri ha castigato Sarri a domicilio, e superare così in classifica l’Inter, attualmente avanti di lunghezze.
Due allenatori accomunati anche da altri aspetti, oltre all’essere conterranei. Carriera da calciatori non entusiasmante (meglio quella di Massimiliano il livornese), la giusta gavetta (ne ha fatta di più Max) - iniziata concretamente alla stessa età, 36 anni - e analogie anche dal punto di vista squisitamente tattico. Allegri, 50 anni compiuti lo scorso agosto, è partito dalla C2 con l’Aglianese, per poi guidare Spal, Grosseto, Lecco, Sassuolo, Cagliari (prima squadra di A a puntare su di lui), Milan e Juve. Spalletti, 58 candeline spente a marzo, ha iniziato in quel di Empoli, con doppia promozione dalla C1 alla A e poi, salvo una parentesi all’Ancona in B, è sempre rimasto nella massima serie con Sampdoria, Venezia, Udinese in due tranche, Roma (anche qui in due atti, intervallati dal ciclo vincente allo Zenit San Pietroburgo) e - da qualche mese - Inter.
Caratteri forti e decisi, ambedue brillano per l'acume tattico e la capacità di saper toccare le corde giuste dei propri giocatori. La loro idea di calcio basilare solitamente non prescinde dalla difesa a 4, con i debiti asterischi. Allegri per la prima parte della sua avventura in bianconero ha seguito la scia lasciata da Antonio Conte, ossia la retroguardia a tre. Modulo difensivo adottato da Spalletti ai tempi di Udine, prima della svolta all’insegna del 4-2-3-1 all’epoca della sua prima Roma. Al tecnico di Certaldo si deve infatti, come i più attenti appassionati ricorderanno, l'introduzione in Italia di uno dei sistemi di gioco più in voga dell’epoca recente, quel non dare troppi punti di riferimento offensivi grazie ai continui movimenti di Taddei, Perrotta, Mancini e Totti. Lo stesso 4-2-3-1 con il quale Max ha stupito tutti lo scorso gennaio, riuscendo a far coesistere le sue principali frecce offensive grazie al sacrificio di Mandzukic e Dybala, allontanati dalla porta, quasi immolati sull’altare degli equilibri.
La differenza sostanziale tra i due contendenti sta nel fatto che Spalletti in Italia ha vinto poco rispetto a quanto prodotto, appena 2 Coppe Italia e 1 Supercoppa. Il suo ultimo successo, all’interno dei nostri confini, è datato 2008. In Russia invece Lucio ha trionfato 2 volte in campionato, con 1 Coppa e 1 Supercoppa nazionale ad impreziosire la bacheca. Max, invece, dopo aver conquistato 1 scudetto e 1 Supercoppa italiana con il Milan, a Torino ha vinto altri 3 campionati, 3 Coppe Italia e 1 Supercoppa italiana, con il sogno Triplete sfiorato due volte e poi sfuggito per mano di Messi e Ronaldo, rectius Barcellona e Real Madrid vincitori delle due famose finali di Champions. Inoltre, tornando all’ambito italiano, don Luciano ha bucato qualche momento da dentro o fuori di troppo, da ultimo la scorsa stagione: aspetto da non trascurare, in questo il condottiero dell’Inter potrebbe migliorare ancora. Insomma, Juve-Inter sarà anche una partita a scacchi - in salsa rigorosamente toscana - tra i due strateghi della panchina: Allegri vs Spalletti, mettiamoci comodi.
Jody Colletti